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Bomba di Bologna: non diamo a Licio Gelli meriti che non ha avuto

     A giudizio unanime dei tribunali, dietro la strage del 2 agosto del 1980 alla Stazione ferroviaria di Bologna vi era una organica piramide che partendo da neofascisti prezzolati, passava per i servizi segreti italiani, per giungere alla loggia massonica P2 guidata dall’onnipotente Licio Gelli. Tuttavia si ha l’impressione che manchi qualcosa per completare il mosaico: scaricare tutte le colpe sul venerabile della P2, ora che è passato all’oriente eterno, ha solo il sapore della convenienza per certi ambienti mentre invece bisognerebbe avere il coraggio di alzare lo sguardo per puntarlo sulla cupola dei veri mandanti.
     Senza voler sottovalutare le responsabilità che a giudizio della magistratura giudicante avrebbe avuto Gelli, noi siamo del parere che si dia troppa importanza ad un semplice esecutore di ordini superiori. Come ormai è d’uso nella massoneria italiana moderna, l’obbedienza agli ordini provenienti dall’alto è sempre più tassativa, ed i massoni di base, per raccogliere i frutti dell’appartenenza, sembrano solo intenti ad obbedire senza ragionare su quanto accade in alto.
     E come si fa ad alzare lo sguardo per giungere a coloro che dall’ombra emanano orribili ordini senza mai rimanere impigliati nelle maglie della giustizia? Si prende il coraggio a due mani per ripercorrere la strada che Aldo Moro ha nitidamente indicato nelle sue "lettere dal carcere".
     Come già illustrato in articoli precedenti pubblicati su questo sito, lo sfortunato presidente della Dc rapito dalle Brigate rosse nel 1978 scrisse a Francesco Cossiga facendo riferimento "agli amici con alla testa il presidente del Consiglio", indicati anche come "gruppo dirigente", che presumibilmente rappresentavano la cupola massonica suprema del potere pensante, la quale dava direttive alla manovalanza di lusso rappresentata dalla P2. In questo organigramma Licio Gelli ha solo assunto il compito di cerniera tra il livello superiore, la P1, con funzioni di 1° sorvegliante, ed il livello inferiore, la P2, in qualità di maestro venerabile. Quindi, se così stessero le cose, il vero mandante, o i mandanti, vanno cercati più in alto: sembra inverosimile infatti che Gelli abbia potuto prendere in autonomia iniziative eccezionali di questo tipo.
     Ad avvalorare la tesi di un ordine venuto dall’alto, per quanto incredibile possa sembrare, sono proprio coloro che hanno sempre tentato di nascondere la verità tramite depistaggi. Dando per scontato lo sforzo patetico della nuova destra di scagionare il terrorismo eversivo, appare di particolare rilievo il tentativo fatto proprio da Francesco Cossiga il quale, pur dichiarando di non aver mai aderito alla massoneria, fu il primo a parlare di “pista palestinese” a quanto pare per celare le responsabilità del vertice occulto massonico il quale per logica avrebbe dato a Gelli l’ordine di agire.
     Siamo consapevoli della difficoltà di provare giudiziariamente la tesi sopra esposta. Ma in ambito politico non si possono trascurare certe eventualità, soprattutto per far sapere alla base massonica, che obbedisce senza essere informata, che chi aderisce al meccanismo occulto di dominio massonico diventa complice e se ne deve assumere tutta la responsabilità ove non avesse mai alzato la testa per contrastare tali atti inconsulti, che con la strage di Bologna hanno toccato l’apice della vergogna italiana.
     L’ordine di uccidere indiscriminatamente civili innocenti proveniente verosimilmente da personaggi di rilevanza pubblica, quali presidenti della Repubblica, presidenti del Consiglio, ministri, generali di alto livello, e servizi segreti, rappresenta quanto di più indecoroso abbia saputo esprimere il potere massonico.
     Gli anni trascorsi invano da quell’atto terribile fanno comprendere l’enorme potere di cui questi personaggi hanno goduto, grazie alla rete capillare di massoncini pronti a genuflettersi per qualche apparente beneficio. Fortunatamente ci sono magistrati che hanno avuto il coraggio di ribellarsi al dominio occulto delle fratellanze, ed a loro va il nostro commosso ringraziamento.
     Alle giovani leve invece vada il nostro invito alla cautela: entrare in formazioni massoniche, alla luce dei fatti, sembra in troppi casi un’adesione ad associazioni delinquenziali di tipo mafioso. Dalle quali uscire non è mai facile: Moro ne uscì solo con i piedi in avanti.

di Giovanni Corrao - 06/08/2023



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