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Oggi 21 agosto Marcello Tuveri avrebbe compiuto 92 anni. Sono passati 4 mesi da quel 25 aprile, giorno che sarebbe dovuto essere di festa, ma che per noi mazziniani e per tutti quelli che ebbero modo di conoscerlo e apprezzarlo si trasformò in un momento di dolore; ma nonostante il tempo trascorso mi mancano ancora le sue lunghe telefonate e gli incontri a casa mia, essendo io molto cauto nelle uscite per i postumi di un ricovero ospedaliero. Le conversazioni non riguardavano solo argomenti storici o politici, oppure l’attività dell’Associazione, ma finivano per riguardare inevitabilmente altri temi; in particolare, avendo entrambi ricoperto l’incarico di assistenti universitari e conoscendo, anche per i contatti mantenuti, abbastanza bene il mondo accademico, in particolare quello delle Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze Politiche, spesso ci si soffermava sulle persone di quell’ ambiente che avevamo avuto modo di frequentare. Non sempre le nostre posizioni concordavano. Le nostre diverse origini, lui proveniente dall’azionismo democratico nella sua versione autonomistica, io dal liberalismo classico, sia pure arricchito dall’insegnamento di Gobetti e dall’esperienza de “ Il Mondo “, ci portavano talora a vedere le cose in maniera differente; ma la comune fede negli ideali della democrazia liberale e la formazione intellettuale avvenuta sugli stessi testi ci portavano abbastanza facilmente a operare una sintesi, nella quale ognuno riconosceva le ragioni dell’altro. Ci univa anche l’ammirazione per la figura di Francesco Cocco Ortu; il quale per me era, oltre che il padre di un fraterno amico, un esempio, ovviamente irraggiungibile, di intransigenza morale, onestà intellettuale e correttezza politica; per Marcello era un leader, già deputato nonostante la giovane età, che non considerava tempo perso il discutere con un semplice esponente della gioventù sardista su temi quali la differenza tra lo Statuto regionale sardo e quello siciliano. Un solo punto costituiva un momento di assoluto contrasto: lui amava considerarsi seguace di Cattaneo, prima ancora che di Mazzini ed era sostenitore di soluzioni autonomistiche che portavano sostanzialmente al federalismo, da me visto come l’inizio della dissoluzione dello stato unitario; ma in ogni caso, memore dell’insegnamento di Emilio Lussu, respingeva ogni ipotesi indipendentistica, tanto da essere stato uno dei protagonisti della scissione sardista del 1967 e della successiva entrata nel PRI, erede dello spirito originario del sardismo. Quando si trattò di schierarsi durante il referendum sulla revisione costituzionale eravamo entrambi per il no, ma mentre per me, in linea con la Direzione Nazionale dell’ AMI, l’unica parte della riforma da salvare era quella riguardante il rapporto Stato – Regione, per lui, invece, era quello il punto su cui concentrare le maggiori critiche. Colpiva in lui la voglia di essere sempre aggiornato e il piacere che provava quanto poteva aiutare giovani studiosi nelle loro ricerche: si può dire che sia venuto meno studiando. Ciò non gli impediva di sentire in maniera vivissima gli affetti familiari; la riconoscenza per la moglie per essergli sempre stata vicino, il ricordo per il figlio prematuramente scomparso, l’orgoglio per il successo professionale della figlia, la gioia che gli davano i due nipotini, erano altro argomento delle nostre conversazioni. È stato infine un amico sincero; non voglio entrare in una sfera che preferisco rimanga strettamente privata, basti sapere che in due occasioni molto tristi per me mi è stato particolarmente vicino. Marcello, anche in tuo nome, come in quello di Salvatore, di Lello e di tutti gli altri amici che ci hanno lasciato, continueremo le nostre battaglie.
di Antonello Mascia - 21/08/2021
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