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Quando il piccolo Golia, alias Matteo Renzi, fionda in mano, ha deciso di abbattere il governo di centrosinistra guidato dal gigante Davide, alias Giuseppe Conte, ci fu grande sorpresa: nessuno capì realmente cosa stesse accadendo. Ma i numeri parlano sempre chiaro! Senza i voti di "Italia viva" sarebbe stato difficile ripristinare una maggioranza assoluta in senato, pur facendo appello ai presunti "costruttori" (omologhi dei "responsabili" di passata memoria), quei senatori al centro dello schieramento politico in grado da sempre di dare l'impressione di mantenere un piede di qua, l'altro di là. Al ritiro dei due ministri di Iv, ci si è resi conto che l'ex premier toscano faceva sul serio. Le minacce di uscita dalla coalizione di governo non avevano dunque l'obiettivo di alzare il prezzo su eventuali nomine o aggiungere quote sulla spesa del Recovery fund, come si era originariamente supposto, ma facevano intravedere ben altre manovre rimaste fino a quel momento indefinite. Tra l'altro, mentre si arrivava a contare 157 senatori, sui 161 necessari per una maggioranza assoluta al senato, si scorgeva la grande difficoltà di aggregare almeno altri quattro senatori, per continuare a tenere in vita il governo Conte II. Durante questa crisi ci sono stati, tra gli altri, almeno tre segnali importanti da analizzare e tenere nella dovuta considerazione. - Il primo, evidente, è rappresentato dalla decisa azione di Renzi & c., attuata senza tentennamenti nell'abbandonare i compagni di viaggio del centrosinistra. Per aver proposto il nome di Draghi al posto di Conte si può supporre la perfetta conoscenza del piano, organizzato nelle occulte stanze, teso a far cadere il governo di cui fin a quel momento avevano fatto parte. Matteo Renzi, da obbediente, in quel piano avrebbe pertanto assunto il compito di testa d'ariete. - In quel contesto la situazione appariva ancora fluida. Era in corso il tentativo di coinvolgere altri senatori "costruttori" per giungere ad una maggioranza assoluta in entrambe le camere, intanto che il presidente del senato Fico era stato incaricato di tentare una ricucitura con Iv. In questo sovrapporsi di indiscrezioni, conferme e smentite, ecco apparire il secondo forte segnale: il 22 gennaio del 2021 l'Ansa dà notizia di un'indagine in corso sulla 'Ndrangheta, che coinvolge anche il segretario nazionale dell'UDC Lorenzo Cesa. Se il partito da lui guidato avesse avuto intenzione di contribuire alla formazione di un governo Conte III, la tempestività di questa azione ne avrebbe bloccato gli effetti. - Il terzo segnale arriva da parte di Silvio Berlusconi. In data 31/01/2021 (ancora non era stato convocato Draghi per conferirgli il mandato) sul sito dell'Huffingtonpost compare una importante nota, ben virgolettata: Silvio Berlusconi non ha timore di usare la parola; Forza Italia, dice, è "responsabile" ed è pronta a dar vita a un "Governo dei migliori". Sembra escludere dal campo delle ipotesi le elezioni anticipate, pur chieste a gran voce da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Al Corriere della Sera, il Cav dice che è "un grave errore" il tentativo di mettere in piedi un Conte III, e propone un’alleanza istituzionale larga. Dunque anche il Cavaliere era già stato informato sul piano messo a punto negli ambienti che contano: far fuori il governo Conte II e prendere in mano la situazione politica, ma soprattutto quella economica, in vista della spartizione della torta con 209 ciliegine. C'è invece chi è sembrato cadere dalle nuvole. Zingaretti, leader del Pd, si è intestardito nell'appoggiare la soluzione 5stelle di un governo Conte III, senza lasciare intravedere neanche uno spiraglio alternativo. Ma anche Salvini, che pure ha in famiglia un canale privilegiato, ha tentennato nella scelta di entrare o meno nel governo Draghi: neanche lui sapeva. Bisogna dar ragione a chi asserisce che sia Conte che Draghi, al momento del loro insediamento alla presidenza del Consiglio, non avessero esperienza politica. Nè si può disconoscere il valore sociale dei due: il primo stimato avvocato professionista e docente universitario, il secondo arrivato a presiedere la Banca centrale europea. Tuttavia non siamo in presenza di statisti a conoscenza della complessa macchina amministrativa pubblica. Si può però dire che al momento dell'insediamento di Draghi, Conte aveva già maturato quasi tre anni di attività politica di elevato livello. Se, come appare evidente, Draghi ha dalla sua una maggiore confidenza con la gestione dei soldi, discende naturale il pensiero che sia stato scelto per amministrare il tesoretto del Recovery fund: senza poter sapere se le sue scelte saranno indirizzate a favore di chi ha elaborato il piano per insediarlo, ovvero a favore della popolazione italiana. Come appare a tutti chiaro, sarà un imminente futuro pieno di lacrime e sangue: il debito pubblico è salito oltre i livelli di guardia, fino a raggiungere circa il 160% del PIL, e Draghi sarà obbligato a ridurre finalmente e seriamente la spesa pubblica, non essendo possibile aumentare oltre il livello di tassazione sociale già eccessivo, soprattutto in un periodo di grande depressione determinata dalla pandemia da Covid-19. Però la prevista riforma del fisco fa pensare alle solite subdole azioni fiscali e tributarie tese a opprimere chi lavora. Inoltre a noi non sembra corretto danneggiare con la patrimoniale IMU chi, invece di sperperare i profitti, col sudore di una vita di sacrifici ha puntato all'acquisto di un immobile. Colpendo il trainante settore immobiliare, senza prevedere una riconversione industriale, si è affossata una fondamentale fonte di lavoro nazionale, contestualmente riducendo al minimo gli introiti comunali della tassa Bucalossi, quella per la realizzazione di nuove costruzioni. Da repubblicani e mazziniani, per esprimerci sul governo appena varato, e giudicare, preferiamo attendere le prossime azioni di Draghi. Da un punto di vista strettamente ideologico, pur riconoscendo le evidenti potenziali capacità del nuovo presidente del Consiglio, solo la passata scelta di Conte può essere considerata una reale "espressione democratica", in quanto avanzata da un MoVimento sui generis vincitore delle elezioni, fondato all'origine sull'antipolitica. Lo stesso non si può dire per Draghi, che pure ha ricevuto ampio appoggio parlamentare. Questa recente tendenza dei presidenti della Repubblica nel pescare nomi fuori dalle scelte della base popolare (es. Dini, Monti, Renzi, ora Draghi), sembrerebbe agire al di fuori del recinto repubblicano, quello del governo del popolo. Le scelte devono essere fatte dalla base, giuste o sbagliate che siano: altrimenti non si potrà dar torto a chi sospetta che dietro la scelta di Mattarella ci sia il solito tentativo dei poteri che contano di mettere le mani sui 209 miliardi del Recovery Fund.
di Giovanni Corrao - 21/02/2021
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