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I poteri che contano non sono mai in crisi

Sperando in un sussulto democratico e ragionevole per risolvere la crisi politica del governo nazionale, aperta da Matteo Renzi e dalla sua Italia viva, ci siamo illusi che le forze politiche di maggioranza di centrosinistra trovassero prima il modo di combattersi, poi di ricomporsi. Infatti nell'articolo Renxit: quando la realtà supera la fantasia avevamo avanzato l'ipotesi di un possibile accordo fra Iv e Pd utile ad attenuare la supremazia numerica grillina, e sostituire il Presidente del Consiglio Conte. Invece siamo alle solite: con la democrazia messa da parte, e gli inutili cittadini ad assistere impotenti a decisioni calate dall'alto.
     Obiettivamente parlando, e tenendo nel dovuto conto i positivi commenti della gente, si deve ammettere che Giuseppe Conte ha fatto del suo meglio durante i tre anni che lo hanno visto alla guida del Consiglio dei ministri, dando una immagine non comune di onestà, pulizia e trasparenza. Val la pena notare, tuttavia, quanto il paese sia pieno di professori universitari di buon senso, mentre nei momenti di incertezza economica e disorientamento amministrativo della nazione sarebbe stato utile rivolgersi soprattutto a persone che abbiano una profonda conoscenza dell'Azienda Italia: gli statisti, razza ormai quasi estinta. All'orizzonte, seppur fuori gioco o rottamati, a chi scrive sembrerebbero esserne rimasti solo due: Romano Prodi e Massimo D'Alema, indipendentemente dalle loro collocazioni politiche.
     In riferimento ai tempi recenti, è stato nel 2011 l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ad innaugurare il metodo delle scelte capaci di generare perplessità, tirando fuori dal suo magico cilindro un inedito Capo del Governo, il professor Mario Monti, persona di prestigio ed importante docente, tuttavia privo a quei tempi di esperienze nel campo della gestione della pubblica amministrazione. Dopo le elezioni del 2013 agli addetti ai lavori sembrò molto strano che Enrico Letta, nipote di Gianni Letta, fosse riuscito a formare un governo, là dove aveva fallito un più accreditato Pier Luigi Bersani, vincitore delle elezioni.
     Le mani invisibili di un certo potere entrarono poi nuovamente in azione quando Matteo Renzi, dal nulla, diventò Segretario nazionale del Pd e presidente del Consiglio, rottamando politici del calibro di Massimo D'Alema. Il fallito referendum sulle riforme istituzionali favorì l'entrata in scena di Paolo Gentiloni che subentrò al toscano alla presidenza del Consiglio.
     Con il successo del M5s alle elezioni del 2018 le manine occulte del potere furono costrette ad una pausa, dovendo subire la forza numerica di un MoVimento che della lotta all'establishment fa il proprio punto di forza. Nel mentre affilavano le armi pronte a riprendersi il potere che conta.
     Veniamo dunque alle valutazioni di Sergio Mattarella per la formazione di un governo tecnico-istituzionale: nulla da eccepire sull'eccelso nome di Mario Draghi, tantomeno sulle motivazioni esposte dal Capo dello Stato, a corredo delle proprie scelte: il momento è drammatico sotto tutti gli aspetti. Tuttavia, riflettendo, si potrebbe avere l'impressione che proprio nei momenti di debolezza del sistema politico democratico un altro "sistema" sia pronto ad approfittarne.
     E' evidente che Renzi sia stato lo strumento obbediente di quei poteri di cui abbiamo accennato, indispensabile a giustificare la rottura degli equilibri della maggioranza di centrosinistra, ed a mettere fuori gioco i grillini a causa proprio della loro rigidità politica, impuntatasi sul nome di Giuseppe Conte.
     Che il tutto sia stato ben studiato a tavolino non vi possono essere dubbi. Se è venuto fuori il nome di Draghi, che ha accettato l'incarico di formare il governo con riserva, vuol dire che esiste già una maggioranza trasversale in parlamento, come ai tempi di Monti. Il tutto a spese della democrazia rappresentativa.
     E' vero che al Presidente della Repubblica spetta il compito di dare l'incarico per la formazione del governo dopo le consultazioni di rito, ma se si fa prescindendo dalle indicazioni politiche emerse da parte delle forze politiche si può incappare in incomprensione e disagio. Indicazioni che da parte centrodestra erano indirizzate a nuove elezioni anticipate, mentre dal centrosinistra di maggioranza relativa puntavano sul Conte-ter.
     Volendo entrare nel merito della decisione di Mattarella di dare incarico a Draghi, se è vero che il fine giustifica i mezzi, siamo ben consapevoli che l'autorità e la competenza della persona scelta può avere ripercussioni positive sull'andamento dell'economia nazionale, sul mercato del lavoro, e nei rapporti con gli altri stati d'Europa. Tuttavia tali indicazioni decisionali possono dare l'impressione di poter scavalcare i meccanismi democratici dell'Italia repubblicana.
     A parte Italia Viva, ci sono partiti che hanno barato al tavolo delle trattative di Fico, avanzando una linea ufficiale difforme da quella concordata sotto banco. Vedremo quali saranno le formazioni politiche che appoggeranno il tentativo di Draghi di formare il governo, per sapere, di riflesso, quali avevano già dato preventivo parere favorevole. E ci regoleremo di conseguenza alle elezioni, vicine o lontane che siano.

di Giovanni Corrao - 03/02/2021



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