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SASSARI.Vent'anni fa moriva Nino Ruiu, esponente del Partito repubblicano italiano e soprattutto una delle figure di punta dell'area laica - nel senso politico e culturale - dal dopoguerra. Ospitiamo volentieri questo ricordo di Toni Murgia e Salvatorangelo Razzu, entrambi esponenti di rilievo di quel Pri di Nino Ruiu. «"Idealista senza illusioni"»; cosi scriveva Marcello Tuveri venti anni fa sulla rivista Ichnusa in occasione della scomparsa di Nino Ruiu. Parole che forse definivano la prima trama di un filo della memoria che da quel momento avrebbe unito molti di noi al ricordo di una vita politica e umana esemplare, orientata da una idealità liberale e autonomista che si ispirava a pensatori come G. B. Tuveri, a politici come Asproni, a uomini d'azione come Garibaldi; che traeva origine dallo spirito originale di Alexis de Toqueville ma lamalfianalmente lo faceva riflettere sulle analisi gramsciane senza pregiudizi. A quella idealità coniugava una prassi rigorosa che lo accompagnava quotidianamente e che quotidianamente lo portava a scontrarsi con chi disinvoltamente faceva della teoria un passaporto per pratiche affatto opposte. La sua era, è vero, una cultura fondamentalmente istituzionale e giuridica: degli studi in legge, all'università di Sassari, che correvano di pari passo all'impegno nella politica universitaria, all'Ugi e all'Unure (della quale fu presidente nazionale), alla presenza negli anni dal '65 al '69 in Consiglio regionale, e nei Consigli comunali di Osilo e Sassari; ma era anche una cultura arricchitasi di ricerche economiche e sociali nell'àmbito della società e non solo. Il suo impegno nell'associazionismo cooperativo lo stava a dimostrare, tanto che divenne vice presidente nazionale dell'Agci. Gli anni della prima rinascita, autonomia e programmazione economica lo videro impegnato nella ricerca continua di un progresso durevole, socialmente, ambientalmente ed eticamente compatibile, a suo avviso male interpretato dalla scelta della industrializzazione petrolchimica che pure il suo primo partito, il Psd'az, aveva fortemente voluto, e alla quale lui, invece, si era tenacemente opposto, prevedendone forse non tanto il fallimenmto economico, quanto quello sociale. Le sue battaglie per il movimento cooperativo agricolo e pastorale sono memorabili: «pastoritudine» e «banche del latte», sono probabilmente, fra le tante, le due più felici intuizioni economistiche e anche, pur non avendone la pretesa, antropologiche. Associazionismo culturale e ricreativo - l'Endas era in Sardegna una sua creatura - e sensibilità ambientale - la vicinanza a Italia Nostra - caratterizzarono inoltre la sua vicenda politica. Pensava che il diritto positivo si dovesse coiniugare con l'etica, l'etica con il rispetto delle etnie, e che tutto si dovesse chiudere in maniera circolare con l'epica, con la storia. Storia di idee e di uomini, piccoli e grandi, nella quale credeva, con spirito critico, non certo antiquario o monumentale; con quello spirito quindi che lo proiettava, in maniera sofferta ma costante, verso il futuro, che lo faceva volgere indietro per ricercarvi insegnamenti, ma senza indugiarvi con pirgrizia o nostalgia. Fu sempre attento alla evoluzione delle autonomie locali e al loro difficile rapportarsi con l'istituzione regionale, condannandone l'utilizzo carrieristico e quindi la strumentale difesa di ogni singola «torre» o «campanile»; cosi come condannò la creazione dei comprensori spacciati per enti intermedi rispondenti alla necessaria omogeneizzazione di àmbiti territoriali sovraccomunali, ma in realtà inutili e costosi apparati, moltiplicatori di ambizioni e spendite improduttive. Dopo il 1969 non riusci più a farsi rieleggere in Consiglio regionale nonostante fosse stato uno dei maggiori artefici della rinascita del Partito repubblicano in Sardegna. Disposto a rinunce e sacrifici, non lo era altrettanto ad accettare pratiche affaristiche e clientelari. E fu appunto tale intransigenza che gli costò la sconfitta alle elezioni regionali del 1979. Fu l'epilogo di un decennio di lotta politica, dimentico dell'altra sconfitta di dieci anni prima, e della traumatica scissione del Psd'az di due anni prima, nella quale anzi cercava nuovi stimoli capaci di delineare i percorsi istituzionali e amministrativi, quali le sedi di un confronto democratico e produttivo di risultati ben diversi da quelli che in quei difficili anni '70 si andavano già delineando e che avrebbero caratterizzato il successivo decennio all'insegna dell'illusione più ottusa. Ricomincia con la solita tenacia nonostante il fisico fortemente indebolito e segnato da una lunga malattia. Ricomincia dalla segreteria regionale del Pri. Ricomincia dall'impegno nel Comune di Sassari come consigliere, assessore e vice sindaco. Non si risparmia nella vigilia di un impegno programmatico fondamentale come il Piano regolatore generale, terreno di scontri politici e di imboscate, di notti insonni e di speranze mal riposte. Ma ci credeva. E ci sarebbe morto. Aveva 52 anni.
di Tony Murgia e Salvatorangelo Razzu - 23/10/2003
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