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In questa crisi di Governo ferragostana c'è in apparenza qualcosa che non torna. Ad un Salvini che va con sicurezza alla ricerca di elezioni anticipate risponde un Renzi che, con altrettanta sicurezza, si rimangia il no ai 5 Stelle, e rilancia. Si cercherà allora di provare a far chiarezza, prendendo spunto da alcune considerazioni personali di chi scrive, elencate senza entrare nei dettagli: 1 - la spartizione avvenuta a Yalta nel febbraio del 1945 ha posto la Germania ovest sotto egemonia Usa anche se ad un certo punto, era il 1989, forse per questioni economiche sotterranee, viene acquisito al patrimonio atlantico anche la Germania dell'Est, fino ad allora inserita nel Patto di Varsavia di spettanza Sovietica. Dato lo sviluppo economico impressionante della nazione germanica riunificata, proveniente da una devastazione totale avvenuta in tempo di guerra durante i bombardamenti, la sua posizione dominante in Europa porta a ritenere che sia di fatto il 51° stato degli Usa; 2 - nella stessa Conferenza tra i vincitori del secondo Conflitto mondiale, anche l'Italia venne inserita nella sfera di influenza degli Stati Uniti d'America. Il legame fra le due sponde atlantiche viene da allora riverberato nel nostro paese tramite sottili ed invisibili fili massonici, che collegano da sempre la Cia alla loggia massonica Propaganda italiana; 3 - già si erano avuti, prima di Salvini, precedenti di uomini politici "forti". Basterà citare Craxi, l'ultimo statista, potente al punto da considerarsi inamovibile. Fu fatto fuori da una congiura giudiziaria, che mise in pratica la linea politica berlingueriana della "Questione morale". E poi fu Berlusconi, reso proprietario di Tv e giornali, oltre che di grandi aziende, consideratosi proprietario dei voti della destra, ad essere addomesticato perché non rispondente più agli "ordini superiori", prima facendo ritirare a Fini le sue truppe (2011), poi impedendogli la formazione di un gruppo composto da una ventina di responsabili, indi facendo salire lo spread oltremisura; 4 - la rapida salita ai vertici della politica italiana di personaggi come Renzi e Salvini i quali, diversamente dal prof. Giuseppe Conte, non hanno un passato particolarmente significativo, ci fa pensare che siano stati portati in auge da trame occulte molto potenti. Addirittura il filo che lega Salvini a colui che fu il Coordinatore nazionale del "Popolo delle libertà", Denis Verdini, appare nella sua esemplare evidenza. Sappiamo dalla recente storia che le associazioni segrete, quelle cattoliche, massoniche, e di provenienza riservata, sono arrivate alla considerazione che per poter esplicare il loro potere invisibile abbiano assoluto bisogno di un ambiente democratico. I governi dittatoriali, autoritari, o assolutisti non consentono quella libertà di azione necessaria per operare e favorire i propri adepti, come è facile intuire. Tutto ciò deve aver convinto i "centri del potere oscuro" a porre un freno ad un Salvini in procinto di diventare l'uomo forte italiano, pronto a mettersi contro l'Europa, ad affossare ulteriormente i conti pubblici, a bloccare le immigrazioni, e talmente spregiudicato da trattare sottobanco con la Russia. Come? Agli uomini del potere invisibile non manca l'intelligenza: sarebbe bastato poco per far cadere in trappola un personaggio che ha dimostrato, almeno nell'occasione, di non aver molte esperienza di tattica e strategia politiche. Si immagini allora con la fantasia Matteo Salvini, impaziente di capitalizzare i propri consensi, che chiede consiglio al proprio suocero in pectore, il quale prende a temporeggiare, sostenendo che avrebbe sondato in giro. La congiura prende quindi corpo. Viene contattato Matteo Renzi che conferma, ove richiesto, la sua disponibilità ad invertire rotta. Ed arriva la stangata. Basta dare il via a Salvini, il quale crede alla impossibilità di formare un altro tipo di governo, alternativo al giallo-verde, immaginando a quel punto di avere le elezioni a portata di mano: invece cade nella trappola. Parte per sfiduciare Conte e viene sfiduciato lui stesso. Prova a far retromarcia, ma non gli riesce. Per fortuna questa volta al paese è stato evitato di ritrovarsi nelle condizioni politiche che nel passato, degenerando, avevano condotto al ventennio fascista. Sotto certi aspetti, con gran parte dei soliti italiani pronti a votare il pifferaio magico di turno, dobbiamo essere riconoscenti ai poteri forti, per aver garantito il mantenimento del metodo democratico. Una libertà in presenza di dominio è comunque migliore di una libertà negata. Per fare la prova del nove, si potrebbe tirare in ballo Beppe Pisanu, ex forzista, che in un'intervista dei giorni scorsi su La Nuova Sardegna si è dichiarato d'accordo, come Prodi, ad un governo M5S-Pd, rimettendo in gioco, attenzione!, il Cavaliere ipotizzando una "convergenza parlamentare". In tutto questo meccanismo, gestito forse dal solito "sistema", Zingaretti non ha avuto ruolo: prima ha detto di essere contro un Governo giallo-rosso poi, dopo la determinante inversione di marcia di Renzi, ha tentennato. Ora propone cinque punti sui quale discutere. Non si è reso ben conto di quel che è accaduto, con gli scenari non così chiari come sembrano. Ora il pallino torna in mano al presidente Sergio Mattarella: che forse non lo aveva mai perso. Le elezioni sembrano allontanarsi. Consultazioni e poi incarico per tentare di formare un governo, che si prospetta giallo-rosso, senza ignorare le solite furbizie forziste, pronte a frazionare il partito di base sganciando formazioni satellite, attraverso le quali godere dei benefici dovuti all'appartenenza al Governo. C'è però da dire che il sistema proporzionale attuale consente percorsi politici rispettosi della comprensione popolare, per poter digerire nel tempo certi passaggi, senza correre: Moro insegna! Zingaretti invece, gettatosi a capofitto in una situazione instabile, ancora fluida e poco chiara, pare animato da innocua ingenuità: il suo puntare da subito ad un governo ribaltone sembra una procedura alquanto temeraria. Come invece sarebbe auspicabile il prossimo percorso politico della crisi? Inducendo Pd e LeU a sostenere inizialmente un Governo programmatico monocolore 5 Stelle, poggiante su un Contratto alla tedesca (come proposto da Prodi), standosene solo in maggioranza in attesa di un rimescolamento delle carte nella prossima primavera del 2020, a finanziaria approvata e digerita, procedendo ad un rimpasto ministeriale, con ingresso di propri ministri oltre a quelli iniziali 5 Stelle. Un percorso che consentirebbe di mantenere Conte ancora alla presidenza del Consiglio. In politica, ahimé, non si smette mai di imparare, e gli errori si pagano cari, soprattutto quando si ha a che fare con volpi che non finiscono mai in pellicceria. A Salvini è andata male. Chissà se avrà un'altra occasione per rifarsi! Si potrebbe a questo punto concludere con una battuta, sostenendo ironicamente che questa volta è passato "dalle 5 Stelle alle stalle!"
Giovanni Corrao - 21/08/2019
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