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La politica in Italia, al di là delle sue numerose, mutevoli e cangianti sfaccettature, può in linea generale essere suddivisa in centrodestra e centrosinistra. Anche se la battaglia apparente fra i due fronti a volte è cruenta e senza esclusione di colpi, se si analizzano da vicino le modalità di gestione della cosa pubblica diventa difficile scorgere differenze sostanziali nei due modi di operare. Diversamente da quanto avvenuto per i circa quarant’anni di dominio democristiano del secondo dopoguerra, dal 1994 in poi si sono alternati governi di centrodestra e centrosinistra senza che sia stato avvertito un cambiamento di metodo fra i due schieramenti. Pur non riuscendo a nascondere la nostra simpatia per la gestione economica di Romano Prodi, che sotto le insegne de L’Ulivo vinse per due volte le elezioni, nel 1996 e nel 2006, e fu fatto decadere utilizzando subdole manovre di palazzo, è lecito notare che all’alternanza degli schieramenti non ha fatto riscontro un cambiamento sostanziale di gestione della finanza pubblica. A parte Prodi, Berlusconi, e poi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni non hanno lasciato traccia in bene del loro passaggio. Questa somiglianza nelle azioni pratiche fra i due lati dello schieramento politico ci preoccupa notevolmente, perché potrebbero portarci a considerare vere le allusioni ad un unico centro di potere occulto nel paese che dà ordini ora di qua, ora di là, a seconda della scelta elettorale degli inconsapevoli italiani. L’ipotesi di metter mani su tutti i partiti politici italiani fu lucidamente formulata negli scorsi anni ‘80, lo vogliamo ricordare, nel Piano di rinascita democratica attribuito a Licio Gelli, maestro venerabile della loggia massonica Propaganda 2. Con i nostri miseri mezzi a disposizione, non possiamo certamente essere noi a stabilire se la somiglianza degli schieramenti di destra e sinistra, la perdita di importanza dei sindacati, la scomparsa delle manifestazioni studentesche, o addirittura la sparizione degli atti terroristici non di matrice religiosa (una intuizione di Walter Veltroni), siano dovuti al raggiungimento degli obiettivi di chi intendeva sottomettere il paese al proprio potere. Una cosa è certa: la ipotetica centralità da cui sembrerebbero provenire univoci indirizzi politici potrebbe aver portato alla conseguente inefficacia delle cerniere di raccordo tra le esigenze della base sociale e gli eletti: i partiti politici. Se fosse vera l’esistenza di un unico centro di potere, probabilmente massonico, ci troveremmo in un paese dove sarebbe scomparsa la democrazia, relegata solo a sistema di facciata. Si otterrebbe come conseguenza, in questo caso ipotizzato, che a qualunque risultato politico si dovesse giungere, non cambierebbe la sostanza, mentre quel vertice di potere continuerebbe indisturbato a svolgere le proprie azioni. L’accentramento dei poteri, e la sottomissione generalizzata all’obbedienza, sembra essere una peculiarità del nostro paese. Se infatti prendiamo ad esempio l’Inghilterra e gli Stati uniti d’America, giungiamo a considerazioni opposte. In quei paesi di lingua inglese, Usa e UK, i due filoni storici della massoneria, di destra e di sinistra, si sono sempre celati dietro ai due grandi partiti nazionali, oltreoceano al Partito repubblicano e a quello Democratico, e nel Regno unito dietro quello Conservatore e quello Laburista. Filoni che risultano storicamente incontaminabili fra loro: si resta massoni di destra o di sinistra indipendentemente da chi vince le elezioni. E non si avvertono scambi politici trasversali che inquinerebbero l’essenza democratica di un paese. Governa chi vince tra i due schieramenti; l’alta parte ha il serio compito di controllo: guai se le due parti in gioco si dovessero accordare! Sarebbe la fine di tradizioni democratiche centenarie. Nel nostro paese viene invece ad accadere che le trame massoniche tra i filoni di destra e sinistra non hanno confini né netta separazione, con ciò dimostrando lo scarso attaccamento agli ideali. Invece l'obiettivo ad essere perseguito è l'interesse personale, creando disinteresse per i diritti ed i doveri a cui dovrebbero attenersi i popoli della democrazia avanzata, come quello italiano, riducendo al minimo l'attenzione per gli interessi generali. Un tempo, quando si parlava di sinistra, il pensiero correva al partito comunista, quello ispirato alle teorie soprattutto elaborate da Marx e Lenin. E con esse alla dittatura del proletariato, alla lotta di classe, all’abolizione della proprietà privata, alla presunta giustizia sociale, ed al livellamento economico, il tutto sotto lo stretto controllo di un Partito-Stato, gestito da un Centralismo democratico. Così identificata, la sinistra oggi farebbe venir da ridere. Ed in effetti, soprattutto nel nostro paese, quello della libertà d’arte, di cultura, e d’opinione, già dai tempi di Enrico Berlinguer, negli anni ’70, le cose non stavano più così. Di tutta l’ideologia impositiva comunista, in quanto introvabile allo stato naturale, erano rimasti solo gli scopi e gli obiettivi, essendosi i metodi liquefatti nel sistema democratico. Ma qual’è per un militante socialcomunista di sinistra l’obiettivo storico? In sintesi: impoverire il ricco per arricchire il povero. La destra invece non si propone di arricchire i poveri, ma grazie ad una maggiore libertà d’azione, cerca di mantenere alto il livello di produzione per creare ricchezza che poi in parte potrebbe essere redistribuita ai lavoratori, grazie al buon cuore dei proprietari d’azienda. Non vogliamo qui giudicare se sia più conveniente un sistema piuttosto che l’altro per le tasche dei lavoratori. Notiamo che sono diversi gli obiettivi, la conservazione per la destra, il progresso per la sinistra. E forse sono sistemi che, se ben gestiti con criteri etici, potrebbero entrambi portare a benefici sociali, ove fossero mantenuti i diritti ed i doveri della popolazione. Perché allora essere di sinistra? Semplicemente in quanto è più conveniente agire numerosi tutti insieme per vincere le battaglie che la vita pone tutti i giorni, in nome del noto proverbio: "L'unione fa la forza". Essere invece in pochi ad addossarsi oneri ed onori nel porsi al comando, per guidare gli altri, non ci appare una pratica conveniente. Ma anche nel lato sinistro dello schieramento bisogna far distinzioni. C'è una sinistra di origine social-comunista ed una sinistra di scuola democratica. La prima, come detto, si rifà a Marx e Lenin, in opposizione al sistema capitalistico; la seconda prende corpo dalle intuizioni repubblicane di Mazzini, che vedeva nelle cooperative il punto di incontro tra lavoro e capitale, coniugando con la ragione le idee di giustizia e libertà. Se le dottrine socialiste e comuniste hanno creato appiattimento verso il basso, e storicamente hanno fallito sia dal punto di vista economico che da quello della giustizia e dell'uguaglianza, possiamo in alternativa ricercare nelle politiche repubblicane di sinistra, che prendono spunto dal sistema capitalistico, una rivincita per creare giustizia sociale ed uguaglianza dei diritti e dei doveri, tramite la corretta gestione amministrativa dei beni pubblici, utilizzando nel migliore dei modi la rigorosa arte della gestione politica. Nessun appiattimento verso il basso, nessuna lotta di classe, nessuna dittatura, nessun Centralismo democratico, ma solo libere scelte in un sistema democratico che svolga il suo ruolo avendo come fine gli interessi generali. E soprattutto distinzione dei ruoli: chi è di sinistra deve assolutamente evitare corti circuiti occulti con chi vive la politica guidato da altri presupposti, che si rifanno ai principi liberali o di imposizione sulla società. Basta col credere alle illusorie bugie dei politicanti allo sbaraglio, pronti all'imbroglio pur di fare il pieno di voti! Se ulteriori sacrifici dovranno essere chiesti alla popolazione lo si dica chiaro, senza giri di parole, senza la paura di perder voti. Questa deve essere la posizione di una forza di sinistra credibile e responsabile, di matrice repubblicana su base democratica. Sia ben chiaro: la sincerità paga, mentre "le bugie hanno le gambe corte".
Giovanni Corrao - 14/06/2019
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