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  Apro questa comunicazione riportando un testo di Giovanni Merella, uscito sul numero del novembre 1962 – cinquantadue anni fa! – de “il corriere sardista”, il bollettino interno d’informazione del Partito Sardo d’Azione. Si era allora – nell’anno di approvazione legislativa del Piano di Rinascita, che metteva la sua gestione in capo alla Regione, secondo l’istanza di sardisti e repubblicani, invece che alla Cassa per il Mezzogiorno (secondo l’originaria impostazione democristiana) e fissava in dodici annualità gli stanziamenti aggiuntivi a quelli del bilancio ordinario dello Stato – nella fase più fervorosa della alleanza dei repubblicani con i sardisti, o dei sardisti con i repubblicani. Di quel Piano di Rinascita rispondente al massimo ai desiderata sardisti, Ugo La Malfa ministro del Bilancio nel IV governo Fanfani (cosiddetto delle convergenze parallele) era stato uno dei padri, forse il vero padre politico. Tale riconosciuto dagli stessi sardisti.   E dopo la partecipazione repubblicana alle liste sardiste per le amministrative del novembre 1960 e per le regionali del giugno 1961 – ma tale partecipazione era tradizione pressoché sempre rispettata nel secondo dopoguerra – si profilava nel 1963 il clou, con la candidatura di Giovanni Battista Melis in una lista a contrassegno Edera, l’Edera di Mazzini, l’Edera della Giovine Europa.   In quel contesto era infatti quasi generalizzata la propensione del PSd’A a formalizzare l’accordo per le politiche. E di quel dibattito interno al Partito Sardo ho trovato di recente questo documento di cui vorrei dare conoscenza. Si tratta appunto di articolo di Giovanni Merella titolato “I precedenti di un’alleanza”, dove i precedenti sono indicati nientemeno che nel Partito d’Azione.   L’articolo, titolato “I precedenti di un’alleanza”, è estremamente interessante perché si pone direttamente nel solco della riflessione politica lamalfiana, collocando la rinascita sardista, dopo la seconda guerra mondiale, nel fervore dell’azionismo, da cui pareva che alcuni fondamentali postulati dell’autonomismo isolano fossero entrati nella cultura politica nazionale. Né possiamo dimenticare che sia Fancello che Siglienti – Fancello che nel 1947 sarebbe confluito nel PSI, e Siglienti che avrebbe preferito la sponda repubblicana – intervennero con discorsi mirabili al VI congresso PSd’A di Macomer (il primo dopo la caduta della dittatura), nel luglio 1944. La disfatta però del Partito d’Azione – invero non senza confusioni nella ricezione sardista (dico del PSd’A che pur essendo molto più prossimo all’area democratica, attaccò Parri per schierarsi con Lussu, nonostante il socialismo di quest’ultimo, proprio quel socialismo che poi fu fonte costante di polemica e infine di rottura con Lussu stesso!) –, riportò il sardismo «nella sua tradizione di lotta meridionalista e nella sua maturità di programmi e di critica, incentivi possenti che lo sostennero nella lotta per molti anni.   «Ma – soggiunge Merella – dallo sfaldarsi del partito d’azione un altro partito rinacque con le tradizioni profondissime, e con un patrimonio culturale ed ideologico nobilissimo: il Partito Repubblicano. in esso militano tuttora gli uomini più responsabili e più preparati della nostra democrazia e ad esso l’Italia deve molto di quanto è stato fatto per il suo progresso. Mazzini, Cattaneo, Mario, e poi, in tempi più recenti, Salvemini, Fortunato , Gobetti, Salvatorelli, De Ruggiero sono nomi che nell’esaminare il patrimonio culturale antico e più recente del PRI noi troviamo rappresentati. Infine l’ultimo balzo in avanti nella strada del progresso democratico, l’ultimo grande mezzo di razionalizzazione delle nostre strutture sociali, la pianificazione, è stato difeso, propugnato, portato alle soglie della realizzazione da Ugo La Malfa, un repubblicano.   «Se ora, dopo aver ricordato la maturità del nostro partito, la sua storia, la sua funzione sociale passata e futura e i suoi programmi li accostiamo a quelli del PRI… dovremo riconoscere che mai come ora, nel momento in cui cioè le forze politiche democratiche si alleano più strettamente per condurre una lotta politica più serrata, è necessario rinsaldare i vincoli già forti che ci legano al PRI. E nel fondo del rinnovamento di questa alleanza c’è qualcosa di più che un semplice incontro tattico: c’è un vero e proprio ritrovare se stessi dopo aver raggiunto la maturità necessaria per farlo, c’è la premessa sicura per la ricostruzione di una sinistra democratica unitaria, quale da tempo si auspica. Molti sintomi ci dimostrano questo: il riavvicinarsi degli amici de “Il Mondo” al PRI, il consolidarsi della sia pure piccola base elettorale della sinistra democratica, il formarsi di una mentalità intellettuale di tipo liberal-socialista. Le nostre tradizioni, i nostri programmi per il futuro dell’Isola, le nostre ideologie ci inseriscono profondamente in questo processo di riaccostamento. Sapremo noi essere all’altezza di questo momento storico?».   L’articolo di Merella – del giovane Merella, quello con il quale mi sentivo in sintonia certo più che negli anni della omologazione del PRI al sistema partitico, devitalizzato negli ideali e schiacciato nell’utile elettorale e gestionale – meriterà una ripresa integrale ed un commento mirato e approfondito, collocando l’autore e lo scritto nel contesto sassarese e regionale del tempo. Ciò che mi riprometto di fare fra qualche tempo.   Per un repertorio repubblicano. Sto faticosamente completando le schede della storia del PRI sardo nel cinquantennio 1944-1994, la cui occasionale finalizzazione è nel dossier affidato dalla direzione degli annali della Fondazione Ugo La Malfa al professor Francesco Atzeni, titolare di storia contemporanea in facoltà di Lettere e prorettore, nonché autore, nel 1988, del prezioso studio “I repubblicani in Sardegna: dalla fondazione del PRI alla grande guerra”, prefato da Giovanni Spadolini e pubblicato dalle edizioni di Archivio Trimestrale.   L’amicizia e la fiducia di Atzeni mi hanno fatto, già dallo scorso gennaio, parte del progetto e mi hanno anche consentito di proporre a lui una articolazione dei saggi tale da dare al pubblico nazionale che avrà in mano il volume una idea della complessità della vicenda nostra, della comunità repubblicana intendo, di cui il partito è stato il cuore e l’associazionismo dell’ENDAS, dell’AGCI, dell’AMI, della Cesare Pintus, del Movimento Femminile e della FGR , nonché dell’anima democratica non socialista della UIL e anche di una certa pubblicistica (si pensi soltanto alla “Tribuna della Sardegna” di Bruno Josto Anedda) , la rete di vene ed arterie del “movimento”. Secondo la migliore tradizione del repubblicanesimo nazionale ma con una nostra irriducibile impronta isolana, di cui l’ideale soffio autonomista è stato l’elemento storicamente distintivo.   Molto materiale già elaborato per la stampa l’ho già consegnato per la revisione, attività che fa evidentemente capo al direttore del team, avendo a mia volta interessato, come sempre ho fatto nelle fatiche editoriali dell’ultimo venticinquennio, diversi giovani di valore. Nel caso specifico Alberto Medda Costella, Andrea Giulio Pirastu, Marco Carta nonché il giornalista Massimiliano Rais (che giovanissimo partecipò con suoi contributi alla collana di testi sul sardo-Azionismo e, più complessivamente, sull’area di democrazia repubblicana ed autonomistica nell’immediato secondo dopoguerra) e Luca Losito (già militante della FGR di Sassari ed oggi brillantemente sospeso fra teatro creativo e giornalismo). Altre collaborazioni, autorevoli, le ho consigliate a suo tempo ad Atzeni e arricchiranno non poco il dossier.   Dirò essersi trattato di uno sforzo pesante non tanto nella raccolta dei materiali e nel vaglio anche delle testimonianze (per le quali molto si sono spesi i collaboratori, spesso supplendomi, date anche per le mie precarissime condizioni di salute) quanto – per paradossale che possa sembrare – nel sintetizzare, nel tagliare addirittura le ampie stesure, conseguenza diretta della felice sovrabbondanza di quanto pervenuto ai tavoli di studio e di scrittura. Anche se, ovviamente, infine nulla sarà sprecato, e i tagli di oggi costituiranno certamente schede autonome che ritorneranno in altre circostanze come materiali utili a nuovi lavori.   Dirò anche che diversi degli ex dirigenti e quadri vari non hanno accolto l’invito alla collaborazione. Non credo sia stata una decisione indovinata la loro, sul presupposto della bontà effettiva della propria missione nel partito, negli enti collaterali, nelle istituzioni rappresentative, a pro evidentemente della società. E però, anche al netto dei mancati concorsi, davvero i materiali nuovi giunti a noi, ad integrazione degli scaffali che, di lato all’emeroteca ed alla libreria, nel tempo ho riempito di molte centinaia di cartelle, sono tali da giustificare appieno la sede che ho chiamato del Repertorio del movimento democratico sardo dell’Otto-Novecento (repubblicani, azionisti, sardisti), collocandola accanto (ma da esso del tutto autonomo) all’Archivio storico generale della Massoneria sarda.   Dirò pure, qui con libertà piena e franchezza, essersi trattato, e trattarsi ancora, di un’opera archivistica che ha in me un senso testimoniale e testamentario, essendo il suo risultato destinato, come Fondo unitario, forse ad una Fondazione, forse a una pubblica istituzione culturale isolana.   Certo è che le espansioni della ricerca ai fini del dossier prossimo venturo mi hanno dato prova di quanti documenti e quante memorie siano ancora sparsi e manchino, al momento, di un valido e credibile canale di deposito e, prima ancora, di una possibilità di serio censimento. Vorrei dunque porre questo problema a chi disponga, senza intenzioni reali di coltivarlo in proprio, di materiale utile, riferito ora alla personale militanza, ora alla vita delle sezioni od ai lavori dei vari direttivi territoriali, ora alle attività istituzionali amministrative o legislative cui si è partecipato. Non chiedo neppure che questo materiale sia affidato, anche come blocco chiuso, a me per il Repertorio da me allestito; chiedo soltanto che lo si salvi, creando magari a livello provinciale un centro-raccolta delle carte preziose, con intelligenze fra amici che hanno conosciuto e condiviso lo sforzo o l’impegno ma anche la bellezza e la soddisfazione umana della militanza politica, e in un partito... bello, bellissimo, patriottico e democratico, riformatore e laico, come è stato il Partito Repubblicano Italiano. Il partito – verrei essere chiaro – che io ritengo morto, ormai inesistente (non dirò qui adesso le opinioni, comunque altre volte espresse, sui tentativi di reviviscenza e a destra – l’impensabile, impresentabile destra nazional-leghista-plebiscitaria-illiberale – ed a sinistra – l’abborracciata formula ulivista erede di tutte le confusioni e follie della cosiddetta prima repubblica (con poche eccezioni di nobiltà, a partire ovviamente dal presidente Ciampi, nella varietà dei suo servizio alla patria).   Ritengo sia questo un dovere nostro, di ciascuno di noi, verso la dignità della nostra esperienza di militanti di una idea, prima ancora che di un partito politico, ma poi certamente anche di un partito politico che, ripeto, ha avuto la sua arte e la sua parte di onorabilità e che noi, travolti dalle contraddittorie emozioni del contingente, non abbiamo saputo difendere dapprima dagli assalti della omologazione partitocratica e poi dall’asfissia qualunquista derivata dalle sacrosante inchieste di Tangentopoli e dalla rottura del collaudato meccanismo politico-elettorale.   Quando le generazioni future studieranno la storia d’Italia del Novecento troveranno pagine importanti su molti dei nostri esponenti nazionali, a cominciare dalla classe dirigente presente nelle battaglie dell’antifascismo e nelle istituzioni della democrazia risorta, fra la Costituente e le Camere ed il governo, ed anche le supreme magistrature – si pensi a Perassi, di pensi al nostro Lampis. Forse ci si chiederà allora, magari in vista, un giovane ventenne, della stesura della sua tesi di laurea, se il partito in Sardegna abbia saputo corrispondere in valore e coerenza a quel che era venuto dai gruppi parlamentari e dai ministri, dai segretari politici e dalle direzioni. Degni di Pacciardi e Conti, di Facchinetti e Parri, di Sforza e Belloni e Zuccarini, di Reale ed Ugo La Malfa, di Biasini e Negri, di Giovanni Spadolini e Bruno Visentini, di Compagna e Maccanico, di Valiani e Montale, e di quanti altri...   Il Repertorio che ho allestito, anche con le cartelle nominative della dirigenza, associate a quelle delle sezioni locali, delle consociazioni, della direzione regionale, dei congressi, delle campagne elettorali e dei risultati del voto alle amministrative e politiche (regionali, parlamentari ed europee), ed a quelle anche del “movimento” – dalla FGR al MFR, dall’AMI all’AGCI, dall’ENDAS alla UIL/Ital ecc. –, nonché ancora ai faldoni degli atti consiliari (Consiglio regionale) ed ai giornali, in copia originale o fotostatica, ed a quanto abbia documentato la relazione speciale del PRI col Partito Sardo d’Azione negli anni più remoti e poi dal secondo dopoguerra al 1968, è e sarà cantiere per diverso tempo.   Di esso fa parte, mi piace sottolinearlo, la raccolta de “La Voce Repubblicana” dai primissimi anni ’60 e per quarant’anni circa – in larga parte conferita dall’amico Luigino Marcello. Intanto ho sensibilizzato diversi amici cattedratici affinché valutino l’opportunità di assegnare qualche lavoro mirato, magari – come dicevo – qualche tesi di laurea, sui temi che possano riguardarci. Io stesso conto di riprendere in mano, se e quando possibile, la materia per dei focus che potrebbero poi essere diffusi su carta o su rete. Nel novero l’azione dei consiglieri/assessori regionali dal 1969 al 1994.   Partito della nazione, partito della democrazia nazionale, partito della tradizione democratica, quello repubblicano – che ha avuto nelle sue fila e/o nell’area dello stretto consenso ideale storici illustri come Salvatorelli e Galante Garrone, Valiani e Venturi, De Ruggiero ed Omodeo, Morelli e Romeo, Galasso e Sasso e quant’altri, a tacere del suo prestigioso segretario Giovanni Spadolini – non può non dare rispetto al dovere elementare di preservare comunque dalla dispersione le carte testimoniali della sua vicenda politica.
di Gianfranco Murtas - 10/01/2015
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