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Professori e colleghi:
qualche flash sulla facoltà di Filosofia e Lettere di Cagliari
negli anni di studio di Antonio Romagnino (1935-1939)


     Ripristinata a Cagliari nell’anno accademico 1924-25, la facoltà di Lettere e Filosofia (anzi, Filosofia e Lettere, secondo la dizione formale dei primi tempi) dell’università di Cagliari vive la breve presidenza del prof. Onorato Tescari – celebre latinista veneto di origini, saggista (traduttore e commentatore) prolifico e dottissimo – quando Antonio Romagnino debutta come matricola nel primo (ampiamente prevalente) dei due corsi in cui è articolato l’ordinamento interno: appunto Lettere. Dopo quel solo anno a nome Tescari, la presidenza passerà per tre anni pieni al prof. Emilio Santini, docente di letteratura italiana.
     Soltanto quattro mesi prima che l’a.a. 1935-36 abbia inizio anche con questo debutto nel rango degli studenti, il preside uscente Luigi Fassò ha tracciato un breve consuntivo di cosa la facoltà sia stata nel decennio appena trascorso, prefigurandone qualche futuro sviluppo: 180 iscritti, 54 laureati «quasi tutti divenuti ormai insegnanti valorosi nelle regie scuole medie». Cinque i volumi di Annali pubblicati, con corposi saggi dei cattedratici che alla didattica associano una ricerca sempre di livello. In progress si sono aggiunti gli incarichi di lingue e letterature moderne, si sono arricchiti gli assegni per la biblioteca (diretta dal prof. Pirro Marconi, straordinario di archeologia, assistito dal dott. Paolo Pisano), si è dotato l’Istituto di studi sardi di una apposita rivista e s’è approvata la proposta di iniziare una collezione di monografie in cui potrebbero rifluire anche le migliori tesi di laurea.
     Il corpo docente include (con una limitata mobilità nel quadriennio) una quindicina di professori classificati nelle aree degli ordinari, straordinari, incaricati, supplenti, e anche dei lettori e dei liberi docenti. Nella maggior categoria, oltreché il preside e l’ex preside Fassò (Lingua e letteratura italiana ), sono Gennaro Perrotta (Lingua e letteratura greca e anche Storia comparata delle lingue classiche e neolatine ) e la coppia accademica per antonomasia; Bacchisio Raimondo Motzo e Cecilia Dentice di Accaddia – marito e moglie – titolari rispettivamente delle cattedre di Storia greca e Storia romana (con esercitazioni di epigrafia romana) e di Storia della filosofia; Motzo – sacerdote e già compagno di studi del futuro Giovanni XXIII, ripetutamente in contrasto con l’autorità ecclesiastica circa l’applicazione del metodo storico-critico nella interpretazione delle Sacre Scritture e inseguito quindi dalla accusa di modernismo – sarà, dopo aver lasciato il ministero ed essere entrato nei ruoli dell’insegnamento pubblico e accademico, il “mitico” preside della facoltà dal 1939 al 1945 e dal 1948 al 1953.
     Nella classe dei professori straordinari figurano Teodoro Levi (Archeologia e Storia dell’arte antica), Vittore Pisani (Glottologia), Franco Valsecchi (Storia del risorgimento), Gaetano Capone Braga e poi Gallo Galli (Filosofia teoretica), Luigia Achillea Stella (Letteratura greca).
     Fra gli incaricati, oltreché alcuni degli ordinari e straordinari – come il preside Santini (Storia dell’arte medievale e moderna e anche Lingua e letteratura francese, insegnamenti rilevati il primo da Fassò e il secondo dalla Dentice), Motzo (Geografia), Dentice (Pedagogia), Galli (Filosofia morale e anche Storia medievale e Storia moderna), Levi (Antichità greche e romane e anche Lingua e letteratura tedesca), Pisani (Sanscrito e anche Grammatica greca e latina), Alberto Pincherle (Storia delle religioni e anche Letteratura latina) –, ecco Liborio Azzolina (Filologia romanza), Francesco Coni (Cultura militare), Francesco Loddo Canepa (Paleografia e diplomatica), Silvio Molena (Lingua e letteratura inglese, rilevata da Aurelio Zanco), Luigi Pitzalis (Letteratura latina, poi anche Grammatica greca e latina), Raffaello Delogu (che rileva dal preside l’insegnamento di Storia dell’arte medievale e moderna), Rodolfo Maran (idem dal collega Levi – come già questi da Marconi –, Lingua e letteratura tedesca), Eugenio Passamonti (idem dal collega Galli, Storia medievale e Storia moderna).
     Fra i supplenti il prof. Sebastiano Pola e poi Eugenio Passamonti (Storia del risorgimento), fra i lettori Rudolf Bohne (Lingua e letteratura tedesca e anche inglese), fra i liberi docenti, oltreché Liborio Azzolina (Letterature neolatine e poi Lingua e letteratura italiana), anche il senatore e accademico dei Lincei Antonio Taramelli (Archeologia).
     Già nell’a.a. 1939-40 che è quello che segue immediatamente alla uscita promossa di Antonio Romagnino dalla facoltà (e quello dell’esordio del prof. Motzo alla presidenza) ecco affacciarsi altri nomi non da poco: da Lorenzo Giusso (Storia delle religioni e anche Filosofia teoretica) a Jelwart Arslam (Storia dell’arte medievale e moderna), da Sebastiano Broccia (grammatica greca e latina) a Giandomenico Serra (Glottologia), da Olga Gogala (Lingua e letteratura tedesca ed anche inglese) a Luigi Illuminati (Letteratura latina)…
     Questo il corpo docente… ma loro, gli studenti? Nell’anno di prima iscrizione – il 1935-36 – gli studenti in tutto l’ateneo cagliaritano assommano a 546 (di cui uno straniero) ed a 55 i fuori corso; ancora molto squilibrata fra i due sessi è la partecipazione: i maschi sono 447 e le femmine 99. A vederli nella sequenza dell’intero quadriennio (dal 1935-36 al 1938-39) – che, val la pena di evidenziarlo, è quello che cavalca gli anni del consenso del regime e porta l’Italia dalla guerra d’Etiopia alla guerra mondiale – questi aggregati evolvono come segue: iscritti maschi 447, 477, 534 e 647; iscritte femmine 99, 113, 138 e 297 (il raddoppio del dato è conseguenza in gran parte dell’apertura della facoltà di Magistero); i fuori corso passano da 55 a 9, a 14, a 62.
     E in tale contesto come si colloca la facoltà di Lettere? Nell’anno 1935-36 gli iscritti sono 106 (46 maschi e 60 femmine), e negli anni successivi 121 (51 e 70), 173 (83 e 90), 188 (82 e 106). Il fenomeno dei fuori corso è relativamente marginale interessando, nel periodo, appena 12, 16, 3 e 13 studenti.
     Gli annuari universitari riepilogano efficacemente, con la statistica, le dinamiche dell’intero ateneo e delle singole facoltà (Giurisprudenza, Scienze politiche, Magistero dal 1938-39, Medicina e chirurgia, Farmacia, Scienze matematiche, fisiche e naturali, oltreché naturalmente Lettere e Filosofia). E dunque, premesso che trainanti in quanto a numeri sono, nell’ordine, le facoltà di Medicina, Giurisprudenza e Lettere e Filosofia (rispettivamente con 175, 159 e 106 nell’anno 1935-36, e con 180, 177 e 188 nel 1938-39, quando però l’esordio di Magistero ha introdotto una novità eclatante in quanto a prosecuzione degli studi da parte dei neodiplomati), ecco alcuni elementi particolarmente significativi riguardanti i corsi di Lettere e Filosofia.
     Così i laureati: nel 1935-36, 13 sul totale d’ateneo di 91; e negli anni successivi 18 su 107, 18 su 92 e 26 su 93. Dei 75 laureati nel quadriennio (fra i quali è anche, nel quarto anno, Antonio Romagnino) 28 sono maschi e 47 femmine. La statistica presentata dall’annuario del 1936 e relativa al biennio novembre 1933-giugno 1935, ha contato 17 laureati in lettere e 3 in filosofia; dei primi, 7 sono stati i maschi (fra cui un futuro vescovo – Giuseppe Melas, un futuro vicario generale – Pasquale Sollai – e un futuro canonico – Vincenzo Corrias), e 10 le femmine; circa la provenienza, 6 i cagliaritani e 11 i provinciali (un cagliaritano e due provinciali invece i filosofi).
     Può essere interessante, prendendo a campione i due anni centrali del quadriennio, rilevare anche le provenienze geografiche degli studenti, insomma degli … ideali colleghi di studio del ventenne Antonio Romagnino di Ettore e Rosina Frongia, da Cagliari: i concittadini sono 28 (poi 31) a Lettere ed uno (poi 2) nel corso di Filosofia; quelli che vengono dalla provincia sono rispettivamente 19 (poi 32) e 4 (poi 6); quelli del Sassarese 31 (poi 46) e uno (poi 6), e quelli del Nuorese 27 (poi 32) e 2 (poi zero); quelli originari del continente 6 (poi 14)e dall’estero 2 (idem).
     Chi, fra gli altri? E’ chiaro che la scelta fra i tanti nomi riflette qui soltanto le conoscenze e le suggestioni di chi vi provvede… Ma si può tentare con le nuoresi sorelle Elena ed Ottavia Melis (sorelle di Titino, Pietro, Pasquale e Mario impegnati nel sardismo politico per lunghi decenni nel dopofascismo), il sedilese Natale Sanna (distintosi poi come storico della Sardegna), il bonorvese Antonio Sanna (notissimo cattedratico e linguista), il gairese Flavio Cocco (canonico del Capitolo lanuseino e storico omnibus dell’Ogliastra), Maria Leo (leader dell’Azione Cattolica cagliaritana e sorella del prossimo sindaco dottor Pietro), il bosano Guido Pischedda (fra gli attivi della futura loggia massonica intitolata al Parpaglia), Giuseppe Catte (prossimo esponente socialista e anche assessore regionale), Danilo Murgia (sardo nativo di Grosseto, prossimo preside della stagione dei “mitici”), Vincenza Thermes (l’autrice di mille saggi ed articoli e del monumentale Cagliari amore mio), l’algherese Quintino Fernando (del corso di Filosofia, affermatissimo docente al classico di Oristano e poi allo scientifico di Cagliari, esponente di punta della Libera Muratoria isolana), Renzo Laconi (pure del corso di Filosofia, destinato alla leadership del PCI e alla deputazione)… Antonio Romagnino nel mezzo.

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     Valga soltanto come complemento alla pagina che registra – offrendolo al futuro e sapiente biografo – il cursus studiorum accademico di Antonio Romagnino, quest’altra più rapida e però forse più intima, che guarda al suo percorso ginnasiale-liceale, dopo le elementari castellane a Santa Caterina, la scuola sul bastioncino funzionante da poco più d’un decennio soltanto, fasciata sui due fianchi verticali dalla buia via Canelles e dalla via Fossario, al contrario plein air e ridentemente panoramica. Perché poi si tratta di vederlo questo studentino nel suo inoltro di undicenne, nelle sue tappe di scrutinio o d’esame, quattordicenne, diciassettenne infine – quando lascia anzitempo il liceo, saltando la terza –, vederlo scendere e risalire fra la sua casa di via Lamarmora e l’antico plesso che era stato collegio dei gesuiti fino al 1847-48, alla Marina, a cento metri soltanto dalla parrocchiale suggestiva di Sant’Eulalia. In tragitti che per il più, fra le diverse possibilità, potrebbero aver favorito, per quelle verticalità che piacciono ai ragazzi, le scalette delle cappuccine e quelle di Santa Teresa.
     Le pagelle – non tutte sono stato capace di rintracciarle – denotano un ragazzo che segue le sue preferenze, nell’assortimento delle materie; che ha anche le sue distrazioni, e però sa recuperare, rilanciarsi, quando si dà l’obiettivo o riceve la giusta sveglia… Colpisce questo Antonio Romagnino poco più che bambino, nelle prime classi ginnasiali, adolescente nelle successive e al liceo, in quel pezzo di decennio che prende avvio alla vigilia dei Patti lateranensi di così grande disturbo per i pochi rimasti liberali nel forno omologante del regime fascista, e si conclude in un’altra vigilia: quella della conquista dell’Etiopia e della falsa gloria imperiale…
     Si segua. Superato l’esame di ammissione, in piazzetta Dettori la prima ginnasiale sezione C, nell’anno scolastico 1928-29, è articolata in quattro bimestri. La conclusione, sia detto subito, è positiva, con l’ottenimento dell’idoneità alla classe successiva. Non mancano le curiosità, com’è certamente la fatica dei risultati tanto nello scritto quanto nell’orale… dell’ italiano: con la pena (invero paradossale a pensare chi sarà e come scriverà e parlerà quel ragazzino fattosi adulto) di un quattro e due volte cinque allo scritto nei bimestri iniziali, e di due cinque e un sei all’orale, per esaltarsi infine nella sufficienza allo scrutinio finale; nell’ordine del sei, con qualche sette e un modesto inciampo nell’insufficienza leggera, si racconta l’impatto col latino, fra i due scritti (come versione da/in) e l’orale. I sei e sette di storia e geografia si fissano nella sufficienza conclusiva, così come nella sufficienza si chiude il più travagliato percorso della matematica. Sufficiente anche il profitto dell’educazione fisica, otto il voto in condotta. Poche le assenze, appena sei.
     Ha il passo dei trimestri, invece, la seconda ginnasiale che accentua le conosciute incertezze dei primi mesi e recupera totalmente allo scrutinio finale, tanto da godersi la soddisfazione della promozione alla terza. Nei primi due trimestri lo studentino soffre pressoché in ogni disciplina, e tutto pare incredibile fino quasi a mettere in dubbio… la competenza (invero certa e certificata) dei suoi insegnanti. Perché allora i voti d’italiano scritto sono rispettivamente cinque e quattro, e all’orale quattro e quattro. E nelle versioni dal latino all’italiano cinque, dall’italiano al latino… tre e cinque, ed all’orale quattro e cinque. Tutto diverrà sei tondo allo scrutinio. La lingua straniera è l’inglese, e qui il quattro allo scritto ed i cinque all’orale sono destinati a maturare invece un bel sette. Alla sufficienza si livellano i sei e sette di storia, i sei di geografia, e fortunatamente anche i cinque di matematica. Ad essa si converte altresì, con qualche maggior impegno in palestra, anche l’insufficienza registrata all’inizio in educazione fisica. Nove è il voto finale di condotta.
     In terza ginnasiale il tredicenne ha fra i suoi compagni – e chissà se gradito oppure no – suo fratello maggiore Michele. Il profitto nelle varie materie non si distacca da quello già rilevato nelle classi precedenti e pur non brillante (il cinque è il voto di scrutinio in italiano e lo stesso in matematica) basta alla ammissione all’esame che introduce al ginnasio superiore. Il sei del latino sintetizza la varia modulazione (dal cinque al sette) dei due trimestri precedenti, così quello d’inglese; sufficienza anche in storia, geografia ed educazione fisica. Un sorprendente otto brilla nel finale di religione…
     Non ho potuto rilevare la performance del biennio 1931-33, corrispondente al ginnasio superiore. I voti si riaffacciano dai registroni dei due anni di liceo frequentati, ancora nel corso C dettorino, dall’autunno 1933. La prima liceo inizia quando Antonio sta per compiere i 16 anni e si conclude con la promozione a settembre, dovendo egli recuperare, nel supplemento d’esami, un quattro in filosofia, bestia nera fin dal primo impatto. Per il resto sono tutti sei – in generale con miglioramento dai risultati dei due trimestri precedenti –, così in italiano, latino, storia, matematica, scienze naturali, chimica e geografia, storia dell’arte, educazione fisica. Un sette svetta nella colonna di greco. Sufficiente il profitto in religione.
     La seconda liceo costituisce un indubbio salto in avanti nel profitto generale delle materie curricolari e forse, potrebbe azzardarsi, nella maturazione personale dello studente. Perché se pur sia vero che al primo trimestre ritornano le incertezze altre volte mostrate, fin dal secondo trimestre è evidente il recupero (tanto più in greco orale, in matematica ed in scienze naturali, chimica e geografia) e tutto si consolida nel terzo trimestre e allo scrutinio: il sei si affaccia in italiano, latino, matematica, scienze ecc. e storia dell’arte; il sette sventola gloria sui campi ardui del greco, della storia, della filosofia (!) e anche dell’educazione fisica. Nove è il voto finale in condotta, mentre sei esso era stato al secondo trimestre, come riflesso dell’ammonimento ricevuto (al pari dei suoi compagni) il 28 gennaio e la sospensione per dieci giorni deliberata il 19 marzo. La promozione fortunatamente non è stata compromessa dall’infortunio disciplinare. E anzi essa è tratta a consigliare e legittimare un corso accelerato, ed esterno, dei programmi di terza. Da lì, a maturità conseguita, il salto in facoltà di Lettere, giusto alla vigilia del diciottesimo compleanno.
Gianfranco Murtas - 05/11/2012


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