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Le galline dalle uova d'oro

     Lo scorso 22 giugno, a proposito della crisi in corso nel nostro paese, abbiamo pubblicato su questo stesso sito un articolo (Finanza ed economia) nel quale si riprendevano le parole del prof. Mario Monti, che oggi ritroviamo Presidente del Consiglio dei ministri al posto del dimissionario Silvio Berlusconi.
     Abbiamo atteso che iniziasse ad operare prima di pronunciarci, oltretutto perché quando ha esposto le critiche al Governo Berlusconi sembrava avesse chiari i provvedimenti da prendere per far invertire la rotta all’economia del paese, gestita all'epoca in modo a dir poco disastroso da un impassibile Tremonti, una persona con un imponibile annuo di cinque milioni di euro.
     Molte e spesso indefinibili sono state le cause della crisi generalizzata. Ma tre, a nostro avviso, sono apparse più determinanti e significative, ed hanno portato l’Italia sull’orlo del baratro.
1) Da un punto di vista politico, riteniamo che Silvio Berlusconi non abbia agito per garantire gli interessi generali. La bravura nel mentire e nel comunicare non è servita a nascondere quali fossero i veri obiettivi dietro il suo operare: intanto i suoi interessi personali; poi gli interessi di un certo tipo di affarismo cinico, trasversale, invasivo, troppo spesso intrecciato con strati di presunti massoni che niente hanno a che vedere con i leali principi di quell’associazione.
2) Poi il costo del petrolio che sta costringendo le civiltà ad economia industriale avanzata a dover produrre sia per garantire il proprio sostentamento, che per consentire lo sviluppo dei paesi produttori, soprattutto edilizio ed urbanistico. Sviluppo, quest’ultimo, non più conseguibile in periodo di crisi. Probabilmente assisteremo a breve ad un crollo decisivo del prezzo del greggio.
3) Infine la legiferazione selvaggia che da anni porta avanti la Comunità Europea, con la sua miriade di Direttive alle quali ogni paese membro deve adeguarsi. Emanare chilometri quadrati di pagine zeppe di norme e normette di ogni tipo è stato un esercizio legislativo che ha portato all’immobilismo pratico della burocrazia. Ogni riga di quelle pagine ha un costo, sociale ed economico, che non siamo stati più in grado di sostenere. Oggi il lavoro di realizzazione di una qualsiasi opera, che sia un edificio, come un progetto, oppure una forestazione, e via dicendo, presuppone a monte un lavorio tanto complesso quanto oneroso, da scoraggiare anche chi è dotato di animo francescano.
     Detto questo, ed avendo evitato di disperderci in tutta una serie di altre motivazioni palesi, quali la elevatissima pressione fiscale, ci sia consentito di esprimere un parere sulle modalità scelte da Mario Monti per risollevare il paese. E con tutta la serietà che il momento presuppone, affermiamo che Monti non ci è piaciuto affatto, avendo indirizzato la sua azione verso un’ulteriore stretta fiscale, ignorando del tutto le esigenze economiche reali e la necessità urgente di riforme.
     Gli ambienti che riguardano le attività produttive, l’industria, il commercio, l’artigianato, le aree professionali, sono stati già ampiamente devastati da un insensibile Tremonti, già ben ispirato da un Bersani che non sembra avere le idee politiche sufficientemente chiare. Puntare a risolvere i problemi sbandierando in ogni occasione quale motivazione principale l’evasione fiscale, ha portato il paese a dividersi in due fazioni contrapposte, i dipendenti e gli autonomi, senza tener conto che è l’integrazione fra di loro che consente il reale sviluppo produttivo del paese. Colpevolizzare gli autonomi è stato un errore talmente grave che ha portato proprio coloro che con le loro tasse tenevano in piedi il paese, a non riuscire più a produrre. E se il paese reale, quello che sgobba e che produce, non paga più tasse, chi pagherà gli stipendi per i dipendenti pubblici, gli onorevoli, e i politici? Proprio quei politici, che avrebbero dovuto ben amministrare i conti pubblici, e che ultimamente lo hanno fatto malissimo, riuscendo persino a distruggere l'economia reale e dilapidare addirittura il patrimonio immobiliare pubblico grazie alle cosiddette cartolarizzazioni.
     In un periodo di crisi come questo, ognuno deve fare la sua parte. E quando diciamo ognuno, oggi pensiamo soprattutto allo Stato e a chi ci lavora dentro. Se si fossero diminuiti tutti gli stipendi pubblici, ad esempio del 10%, si sarebbe consentito finalmente allo Stato un notevole risparmio ed evitato di aumentare ancora di più il carico di tasse ed accise che il paese ha dimostrato di non riuscire più a sopportare. Monti non ha voluto prendere questo provvedimento, ma era questa la vera manovra che i veri “responsabili” nel bel paese si attendevano, e che il duo Tremonti-Berlusconi aveva evitato di attuare, fino a giungere alle estreme conseguenze.
     Anche lo Stato deve fare la sua parte, tirando la cinghia e diminuendo le spese. E’ del tutto inutile continuare con l’ipocrisia: questa scelta decisiva per il rilancio dell’economia andava fatta ora. In periodo di crisi lo Stato non può pretendere di mantenere il suo livello di benessere come se niente fosse, e per questo strozzare l’economia, uccidendo le galline dalle uova d’oro.
     Mantenere intatti gli stipendi pubblici, mentre gli operatori autonomi non hanno i soldi per mangiare, e assistono impassibili alla rapina organizzata dallo Stato tramite Equitalia, vuol dire fare figli e figliastri. Ritoccando gli stipendi pubblici invece, si sarebbe anche raggiunto l'obiettivo di far comprendere ai dipendenti dello Stato di essere stati per troppo tempo un freno allo sviluppo del paese, zappandosi loro stessi i piedi mentre svolgevano la loro azione di intralcio alla definizione delle pratiche burocratiche, invece di rappresentarne la soluzione.
     Ed invitiamo alla riflessione sindacati e rappresentanti di categoria per quanto sopra affermato: di questo passo all’orizzonte non ci sarà più un taglio degli stipendi pubblici, ma la completa perdita del loro posto di lavoro. Grecia insegna …
     Se la cura proposta da Mario Monti non andrà bene, come noi temiamo, gli evasori fiscali saranno certamente scomparsi, perché non ci sarà più lavoro per gli autonomi.
     Ma a quel punto chi pagherà le tasse per far continuare a scialacquare lo Stato italiano?

Giovanni Corrao - 08/12/2011



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