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Repubblicani: nati sotto il segno dei gemelli

     ”Lo Stato deve creare le condizioni per il libero operare”. Una considerazione che ho letto su qualche testo di cultura repubblicana: ma non ricordo né il titolo, tantomeno l’autore. Una di quelle frasi alle quali lì per lì non dai importanza, ma che invece si afferma nel tempo rimbombandoti nella mente, insistendo sul suo profondo intrinseco significato.
     In quella frase, ermetica e chiarificatrice allo stesso tempo, ritengo ci sia nascosta la duplice essenza dell’essere repubblicani: leali e severi sostenitori dello Stato, con le sue leggi, le sue regole, le sue tasse, ma allo stesso tempo sentinelle rigorose della libertà individuale.
     E’ come se, dal punto di vista politico, i repubblicani fossero nati sotto il segno dei gemelli: con quello di sinistra che si batte per garantire con la democrazia i principi di una giustizia giusta in una razionale forma di governo ben organizzata, mai opprimente, ma necessaria per garantire a tutti pari opportunità, progresso, sviluppo e benessere; e col gemello di destra che invece scalpita e freme, in nome di un lamalfiano capitalismo scevro da impulsi contradditori, chiedendendo di rivitalizzare le attività produttive del paese, per creare opportunità di lavoro ed il rilancio dell’economia.
     Le due anime repubblicane vengono fuori periodicamente: quando da una parte si fa riferimento al partito di Ugo La Malfa collocato sul versante della sinistra democratica, o dall’altra quando si vorrebbe stabilmente posizionare i repubblicani nell’area della liberaldemocrazia. Queste anime sono state rappresentate, fino alla riunificazione avvenuta al recente 46° Congresso del Pri, da Luciana Sbarbati col suo Movimento dei repubblicani europei sul versante di centrosinistra, e dal Pri di Francesco Nucara (e Giorgio La Malfa?) alleato col centrodestra a guida Berlusconiana.
     Forse è del tutto anacronistico di questi tempi fare questioni di principi politici, mentre l’interesse personale guida l’andazzo generale, in contrapposizione netta agli interessi della popolazione. Potrebbe quindi sembrare inutile discernere su una collocazione repubblicana un po’ più a sinistra o un po’ più a destra, o addirittura controproducente per gli interessi delle esigue truppe repubblicane, se si dovesse tener conto del motto coniato da Nucara al citato Congresso: “Resistere per esistere”.
     In effetti un po’ di verità c’è nelle parole di Nucara, anche quando afferma che, con questa legge elettorale, o si sta di qua o si sta di là: via di mezzo non ce n’è! Ma essere schierati non vuol dire sottostare a decisioni non condivise, peraltro prese da altri. Vuol invece significare poter esporre la propria opinione: ovvero fare politica, non subirla.
     Il Partito dello Stato, come lo sono i repubblicani, tutti i repubblicani, deve saper dire quali provvedimenti siano indispensabili per snellire il farraginoso impianto statale, e poter rimettere in funzione l’ormai statico apparato burocratico del paese. Far finta di non vedere il disagio della nazione non serve a niente.
     Vuole il Pri posizionarsi sul versante di centrodestra, favorendo la creazione di un polo liberaldemocratico, come ha deciso democraticamente la sua maggioranza interna? Bene! Tutto legittimo: è sempre possibile riallineare il proprio orientamento politico. Ma ci sono questioni che i repubblicani, in senso lato, ed il Pri in particolare, devono assolutamente porre al centro del dibattito politico nazionale.
     Tanto per fare un esempio potremmo citare la poco convincente gestione economica del paese (come si evince scorrendo i dati illustrati nelle “Tesi per le riforme e lo sviluppo” presentate al Congresso Pri):
- tasse aumentate automaticamente oltre misura (grazie al meccanismo del drenaggio fiscale in un sistema inflattivo);
- incremento delle spese dello Stato finanziate con l’aumento del debito pubblico;
- avanzo primario ridotto o inesistente;
- Pil sempre allarmante e spesso in controtendenza;
- forte affanno per le attività produttive, proprio quelle che avrebbero dovuto beneficiare di un governo liberale di centrodestra;
- disoccupazione alta, tendenzialmente addirittura in aumento;
- inflazione in ripresa grazie anche all’aumento del costo dei prodotti petroliferi (lo Stato non ha alcun interesse ad arginare tale lievitazione per poter incamerare un’accisa sempre più consistente);
- conti dello Stato che, alla fine, rischiano di apparire non veritieri.
     Ma potremmo spendere ancora qualche parola di allarme per altri settori, ad esempio quello dei trasporti pubblici tra i servizi, e per l’agricoltura, l’artigianato, l’itticoltura, nel campo delle attività produttive.
     I repubblicani hanno ragione di esistere se hanno qualcosa da dire, a voce alta, e per garantire gli interessi generali. Sarebbe pertanto importante poter incidere nell’azione di governo, prima che il paese rischi di precipitare in una spirale pericolosa ed irreversibile di stagnazione o di recessione.
     Di esperti in bugie in Italia ce ne sono già troppi: bisogna che almeno i repubblicani si assumano l’onere di dire la verità.

Giovanni Corrao - 20/03/2011



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