home page archivio documenti album multimediale biblioteca links scrivici
  
Giuseppe Mazzini e la Sardegna

     Nonostante la circostanza che l’unità d’Italia, negli ultimi quindici anni, sia stata posta in discussione dalla Lega-Nord, con aspirazioni ora scissioniste ora federaliste, il nome di Giuseppe Mazzini ha sempre avuto un posto di rilievo nel “Pantheon” ideale degli italiani.
     Persino nella tragica divisione del Paese (degli anni 1943-1945) tra la Repubblica Sociale Italiana nel Nord, sotto il dominio dei tedeschi, e il Regno del Sud, ad occupazione alleata, la figura di Mazzini era presente nella iconografia delle due Italie.
     In Sardegna il rapporto tra Mazzini e i sardi era stato fin dal 1833 un rapporto forte e duraturo. In quell’anno un giovane ufficiale isolano, appartenente alla importante famiglia dei Tola, era stato fucilato a Chamberg perché scoperto a leggere il periodico mazziniano “La Giovane Italia”. L’episodio non poteva che suscitare notevoli emozioni ed acuire nei sardi le simpatie per il grande genovese.
     Qualche altro piccolo episodio è raccontato dal prof. Lorenzo Del Piano, su un marittimo che a Cagliari durante il Carnevale del 1848 distribuiva una bandiera dell’organizzazione mazziniana e veniva subito reimbarcato.
     Più incisive furono le opinioni liberal-nazionali e repubblicane mazziniane nella cacciata dei Gesuiti dalle Università di Sassari e di Cagliari. A Sassari gli esponenti di spicco della rivolta erano stati i giovani Pietro Paolo Siotto Elias, Gavino Manca Leoni e altri di ispirazione progressista. Le idee dell’ “Apostolo della Libertà”, come veniva chiamato dai suoi seguaci, ebbero miglior fortuna nella coscienza delle minoranze evolute, quando, dopo l’estensione alla Sardegna dello Statuto Albertino (4 marzo 1848), le specifiche leggi di attuazione consentirono una certa libertà di associazione ed una controllata espressione della stampa.
     Il moto rivoluzionario che investì l’Europa nel 1848-49 ebbe riflessi importanti anche in Sardegna. L’Isola era l’ultima regione d’Italia ad uscire dal feudalesimo: l’analfabetismo era diffuso in oltre il 90% della popolazione sarda (censimento del 1851) e la malaria colpiva un terzo della popolazione. La miseria conseguente all’applicazione del sistema catastale e tributario in misura uguale alle regioni ben più floride del Piemonte e della Liguria e l’insicurezza della vita nelle campagne per la diffusione del banditismo rendevano l’aspirazione ad una società più giusta particolarmente forte.
     Le idee mazziniane di libertà e di solidarietà ebbero in Sardegna modo di affermarsi mediante l’opera di alcune importanti figure di politici e intellettuali del tempo come il filosofo Giovanni Battista Tuveri e il deputato di Bitti Giorgio Asproni. Entrambi avevano legato l’ideale repubblicano al progresso economico e sociale dell’Isola nel quadro dell’Unità nazionale. Oltre a loro si ebbe un forte numero di comprimari che fondarono associazioni e crearono e diressero giornali di limitata distribuzione. Alcuni nomi: “Il credente” di Giuseppe Giordano, “Il nazionale” di Vincenzo Brusco Onnis, “L’indipendenza italiana” di Giuseppe Siotto Pintor, “Il popolo” di Giorgio Asproni. Di tali giornali tra il 1848 e il 1871 ne uscirono una sessantina. Ma, scrive Giovanni Battista Tuveri “tutti hanno vissuto una vita stentata ed effimera”. “Fare lo scrittore in Sardegna gli è mestiere assai difficile, quasi come pretendere di cavare del suono ad una spinetta senza tasti” (lettera a Mazzini del 2 agosto 1871).
     L’Italia ebbe nel Parlamento subalpino, prima, e in quello del regno, dopo il 1861, più di un repubblicano tra i suoi deputati. Il più dinamico e operoso fu certamente Giorgio Asproni, che rimarrà presente sulla scena parlamentare dal 1849 sino alla sua morte nel 1876. Si occupò di tutti i problemi dell’Isola e fu attivo partecipe delle vicende storiche del periodo, testimoniato da quel “Diario politico” che figura tra i più importanti della storia del Risorgimento pubblicato negli anni dal 1955 in poi: l’economia dell’Isola, l’attivazione dell’industria mineraria, la sollecitazione in materia di trasporti e di comunicazioni, il sistema ferroviario e persino la rivendicazione di un’organizzazione statale ispirata al riconoscimento delle specificità regionali.
     Anche il Tuveri fu eletto più volte deputato ma dovette rinunciare perché non disponeva dei mezzi necessari a raggiungere Torino o Roma, data la sua condizione di modesto proprietario di un’azienda agricola. Tuveri fu più di Asproni politico “stanziale”, mentre come pensatore fu portato alla riflessione filosofica e religiosa, sul piano pratico esercitò un’importante attività di consigliere comunale, provinciale e di Sindaco di Forru (da lui fatto ribattezzare Collinas). Fu consulente su problemi economici e giuridici dell’umile categoria dei piccoli proprietari. Non aveva mai amato la professione di avvocato e si era fermato al bacellierato, ma aveva una profonda conoscenza del diritto e dei suoi effetti pratici nella vita civile e sociale.
     Altro aspetto importante della presenza mazziniana in Sardegna fu l’opera di promozione della educazione e della formazione professionale svolta dalle Società operaie di mutuo soccorso, che ispirandosi agli orientamenti del “Maestro”, crearono a Sassari dal 1850 e a Cagliari dal 1855 società di impostazione umanitaria e solidarista. Erano associazioni che raccoglievano operatori delle diverse categorie del tempo, collocandosi prima dell’avvento del sindacalismo di classe.
     L’esistenza di minoranze progressiste non cambiò molto il volto dell’Isola, ma anticipò la formazione di una coscienza politica che doveva rafforzare il legame con l’Italia. Dell’attività di Mazzini e dei suoi qualificati compagni di lotta in Sardegna resta molto importante l’aver impedito la cessione della Sardegna alla Francia, in cambio della espansione del Piemonte nei territori dell’Italia settentrionale. La notizia di un rinnovato accordo tra Napoleone III e il Governo piemontese si era diffusa agli inizi degli anni ’60 sulla base di un documento apocrifo.
     Quanto era accaduto negli incontri segreti di Plombières nel 1858 con la cessione di Nizza e della Savoia poteva ripetersi. La rivolta dei repubblicani sardi, di cui fu protagonista l’avvocato Soro Pirino di Sassari, Giorgio Asproni e lo stesso Giuseppe Garibaldi, fu resa più attuale dalla pubblicazione di un articolo del giornalista e deputato cavouriano Aurelio Bianchi Giovannini. L’autore, non si sa se ispirato dal Governo, sosteneva che lo scambio era conveniente in quanto “la Sardegna è un’appendice molto incerta dell’Italia. Questa decisione (cioè l’espansione del Piemonte) non l’avremmo comperata molto cara. I duchi di Savoia appena si sovennero che fosse una provincia dei loro stati”. Mazzini, sulla base della documentazione fornitagli da Asproni, pubblicò alcuni articoli, poi raccolti in opuscolo, dal titolo “La Sardegna”.
     Nel saggio si leggeva che “la Sardegna fu sempre trattata con modi indegni dal Governo sardo; sistematicamente negletta e poi calunniata”. E dopo aver ricordato come l’Isola nel 1792-93 avesse respinto il tentativo di invasione della Francia ed ospitato la famiglia reale cacciata da Napoleone Bonaparte, forniva un quadro desolante nel quale si ricordava come l’abolizione dei tributi feudali aveva peggiorato le condizioni dell’Isola. Ricordava che su una popolazione di 500.000 abitanti o poco più fino a dieci anni prima si avevano 3 arcivescovi, 8 vescovi, 458 canonici beneficiati (cioè con rendite fisse) e 89 conventi. Alla protesta di Mazzini e dei sardi si unì la concomitante avversione dell’Inghilterra che riteneva inaccettabile la cessione dell’Isola alla Francia in quanto avrebbe rotto l’equilibrio di influenze nel Mediterraneo a favore della Francia. Ironia della sorte! Il Governo di Cavour, dopo la reazione interna ed esterna all’Italia, ordinò ai procuratori generali di sequestrare gli scritti ispirati alla protesta e di processare chi diffondesse la notizia del prospettato scambio.
     Il contributo delle idee di Mazzini continuerà ad influire sulla politica in Sardegna, a volte con collocazioni dei suoi seguaci molto diverse. In Provincia di Sassari il mazziniano avv. Soro Pirino, eletto deputato nel 1880, rifiuterà la carica per non assoggettarsi al giuramento di fedeltà al Re. Nel 1891 nel Comune del capoluogo settentrionale vincerà le elezioni amministrative una lista repubblicana.
     Dal repubblicanesimo militante verrà pubblicato un settimanale “La Nuova Sardegna” che diventerà quotidiano, ancora oggi fiorente. Circoli repubblicani si formeranno a Sassari e a Cagliari alla fine del secolo. Uomini di fede repubblicana sosterranno nelle vicende elettorali una delle figure più significative di deputato che dominerà la vita politica per lunghi anni: Filippo Garavetti che poi abbraccerà le tesi della corrente radicale nella battaglia contro l’autoritarismo di Francesco Crispi.
     Le inchieste parlamentari di fine secolo condotte in Sardegna da Agostino Depretis e dai deputati sardi Pais-Serra prepararono, in parte, la legislazione speciale per la Sardegna sostenuta da Francesco Cocco-Ortu, figura di liberale più volte Ministro nei Governi di Zanardelli e di Giolitti.
     Ancora, nell’800 una figura eminente della cultura come il tenore Giovanni De Candia (noto Mario) propagò in Europa le idee mazziniane. L’opera di Giuseppe Mazzini “I doveri dell’uomo” diffusa nelle scuole, dove era stata censurata delle proposizioni più innovative, cercherà di capovolgere lo stereotipo dell’italiano “popolo caratterizzato dalla vendetta e dallo stiletto”.
     Camillo Bellieni, Emilio Lussu, Egidio Pilia nel fondare il Partito d’Azione si ispireranno al mazziniano partito d’Azione che Mazzini voleva formato da “capifila sia nella classe media, sia fra i popolani”. Egidio Pilia nel saggio “L’autonomia sarda” del 1920 porrà come “incipit” l’espressione usata da Mazzini nel rispondere ai figli del sassarese Gavino Soro Pirino: “Amate la patria ch’è l’Italia, la vostra culla che è la Sardegna, la povera, la buona, leale Sardegna che i Re hanno sempre tradita e che non risorgerà se non sotto una bandiera di popolo”.
     Mazzini vivrà ancora nel sardismo e nell’azionismo del primo e del secondo dopoguerra. Vivrà nell’opera di uomini di grande cultura ed impegno morale come Michele Saba, avvocato e giornalista, unico antifascista di Sassari ad aver conosciuto la galera per la sua resistenza al fascismo e nella testimonianza di Cesare Pintus che per gli ideali di giustizia e libertà conobbe cinque anni di prigione e lunghi anni di persecuzione ed aprirà alla democrazia l’Amministrazione della città di Cagliari come primo Sindaco del dopoguerra.

(pubblicato sul numero 83 del giugno (2) 2009 del periodico web.tiscali.it/ilritrovodeisardi)


Marcello Tuveri - giugno 2009


Edere repubblicane - Copyright © 2010 WebMaster: Giovanni Corrao