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La legalità

     La questione morale ritorna ciclicamente a galla.
     E' una piaga sociale che viene da lontano, fastidiosa ed indisponente. Ci vorrà del tempo per estinguerla definitivamente, molto, molto tempo: una cara amica infatti mi faceva notare che la corruzione è sempre esistita, e non sarà facile debellarla.
     Noi crediamo che sia soprattutto un fatto d'educazione sociale. In un sistema che funziona secondo regole giuste, e nel quale ognuno fa il suo dovere, si sta bene tutti. Al contrario in un ambiente marcio e fetido, si sta male tutti, anche chi crede di essere al di sopra delle persone comuni. E' purtroppo diffusa la convinzione che la furbizia consista nel rubare a spese degli altri, meglio ancora se ben protetti dalla torre d'avorio della politica. Nessuno di chi ha le mani in pasta si sofferma a valutare la propria posizione di privilegio economico e sociale di cui gode, e la bruttissima figura che rischia se dovesse venire pizzicato.
     Ma veniamo ai giorni d'oggi. Ed analizziamo i punti chiave che hanno caratterizzato l'ultimo periodo.
1) Un sondaggio del sito repubblica.it indica da parte del popolo di centrosinistra soprattutto l'esigenza di legalità;
2) Fini, con una parte dei suoi, prende le distanze da Berlusconi;
3) La Russa, Alemanno ed altri non seguono Fini;
4) il ministro Scajola si dimette;
5) La Russa, Alemanno, e altri ex An, forse ci ripensano, e discutono se seguire anche loro Fini;
6) lo scandalo si allarga, e coinvolge altri esponenti del Pdl.
     Così vista la situazione, viene spontanea una domanda: Fini sapeva già di Scajola?
     L'ipotesi non è campata in aria. Fini è un politico, conosce il linguaggio della politica, i passaggi, i nodi, i limiti invalicabili. Riesce a guardare più avanti di chi non ha fiuto e conoscenze nel campo. Se avesse già subodorato un calo di popolarità per il Cavaliere, dovuto alla questione morale, potrebbe aver preso in tempo le distanze per restarne indenne in caso di smottamento prevedibile della maggioranza di Governo.
     Dei suoi ex fedelissimi, solo una parte lo hanno seguito: altri, che notoriamente non eccellono in intelligenza politica, hanno pensato di restare al caldo del mantello protettivo del Cavaliere, capace come è stato fino ad ora di rigirare a suo favore anche le situazioni più scottanti.
     Ma il grado di sopportazione della popolazione italiana è veramente illimitato? Gli italiani saranno capaci di ingoiare qualsiasi rospo in nome di un anticomunismo virtuale o di una manovra legislativa in grado di mettere la museruola ai magistrati? Sopporteranno ancora in attesa di un federalismo che dividerà l'Italia, o aspettando che qualcuno ci dica quali sarebbero le riforme che bollono in pentola?
     La situazione economica nostrana purtroppo, ben mascherata dal Silvio nazionale e dal suo fido Tremonti, rassomiglia più al vulcano islandese, pronto a scatenare la sua potenza distruttiva, che non ad un meccanismo efficiente all'altezza della Germania, così come sostengono i due. E la gente questo lo percepisce: e finalmente, grazie al crollo greco, si rende anche conto concretamente di cosa potrebbe accaderci. Insomma: siamo sull'orlo di un burrone.

     Parlare ancora di etica in politica, oggi, vuol anche dire che la lezione degli inizi anni '90, l'era di tangentopoli, non è servita a nulla.
     Tutto ebbe inizio con l'ascesa di Craxi, l'ascesa politica intendiamo. Un'ascesa che ancora, ad essere sinceri, appare spropositata alla potenzialità numerica dell'allora Psi, solitamente oscillante intorno al 10, 12%. In effetti con il varo dei governi di centrosinistra, comprendenti la Democrazia cristiana, il Psi appunto, e di volta in volta, a seconda delle situazioni, il Pli (Partito liberale italiano), il Psdi (i socialdemocratici della scissione saragattiana), ed il Pri (i repubblicani provenienti dall'insegnamento di Ugo La Malfa), il potere di ricatto del segretario socialista crebbe al punto di diventare lui il perno su cui ruotavano gli altri partiti di governo. Egli riuscì a battere all'epoca il record di resistenza a Palazzo Chigi, oltre tre anni, dopo i due governi di transizione del laico e repubblicano Giovanni Spadolini.
     In questa situazione di altalenante incontro-scontro tra democratici cristiani e socialisti, il forte Partito comunista dell'epoca, guidato da Enrico Berlinguer, si sentiva amaramente fuori gioco. E c'era da parte democristiana chi, come Aldo Moro, voleva divincolarsi dall'abbraccio mortale col potente Bettino, ipotizzando contestualmente un rapporto più stretto col Pci. In sostanza, diceva questa parte dei cattolici, se trattiamo solo con Craxi, siamo soggetti al ricatto totale, se invece dialoghiamo anche col Partito comunista, la Dc resterà il principale partito di riferimento in Italia.
     Fu proprio Enrico Berlinguer ad ideare la strategia politica del "compromesso storico" per uscire dall'angolo in cui il "tradimento" del Partito socialista italiano aveva relegato i comunisti italiani. Ma l'uccisione di Moro da parte delle Brigate rosse fece miseramente fallire quel tentativo. Da qui le polemiche sul quel delitto di Stato, secondo alcuni ideato da chi voleva mantenere saldo il controllo trasversale sul paese, impedendo l'ingresso al governo di eventuali ministri comunisti.
     La Rai, in un servizio sulla morte di Craxi andato in onda alcune sere fa, sostiene che a questo punto Berlinguer, vistosi alle strette, fu costretto ad agitare la bandiera della "questione morale" per combattere lo stretto legame Dc-Psi. In sostanza, secondo la Rai, Berlinguer era a conoscenza delle procedure in voga all'epoca per assegnare appalti e commesse, e soprattutto sapeva dei legami di Craxi con alcuni imprenditori, e del suo potere ricattatorio. Rilanciando il problema dell'etica in politica, forse senza sperare tanto, riuscì con l'aiuto del pool di Mani pulite di Milano a far piazza pulita, in un solo colpo, del Psi e della Dc.
     Secondo questa realistica ricostruzione, la questione morale fu uno strumento e non un obiettivo strategico per Berlinguer ed i comunisti. In ogni caso ci volle del coraggio, e la coscienza sicuramente a posto: perchè a quei tempi il Presidente del consiglio ed i ministri erano veramente potenti, e riuscivano facilmente a scansare anche i pericoli giudiziari più insidiosi. Al contrario il Pci, in quanto forza di minoranza del paese, partiva da una posizione di debolezza rischiando di essere trafitto da una eventuale reazione degli avversari.
     Oggi i nipotini di Berlinguer, confluiti nel Pd, non sembrano avere la stessa esigenza di moralità, e stanno concedendo con troppa facilità, nel centrosinistra, l'esclusiva a Di Pietro. Cos'è che li frena? Non sarà che anche loro hanno accumulato troppi scheletri negli armadi, e temono eventuali rappresaglie?!?!?

Giovanni Corrao - 06/05/2010


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