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Largo ai giovani

     Ancora una volta la rigidità del Governo Berlusconi viene a galla: persino da parte di chi, nel Pdl, vuol distinguersi. Nessuna novità, mancanza di fantasia, leve politiche troppo corte: siamo alle solite.
     Leggiamo infatti, fresca fresca, l’intervista rilasciata ieri a La Repubblica da uno dei “fedelissimi” di Gianfranco Fini, appena epurato dalla carica di vicecapogruppo Pdl alla Camera, il quale si è spinto con la propria intelligenza fino a riproporre l’aumento dell’età pensionabile. Ne riportiamo un brave stralcio per maggiore comprensione:
«La situazione della previdenza è quella che è. Noi pensiamo ad un ritorno alla vecchia tesi di Maroni della legislatura 2001-2006 che poi venne modificata dal centrosinistra. Serve una previdenza che responsabilizzi gli italiani la cui aspettativa di vita è tra le prime del mondo: per la tenuta dei conti pubblici non si può vivere 10 anni di più e lavorare come prima. Non è solidale con le generazioni future».
- Sta proponendo di alzare l'età pensionabile? (domanda del giornalista)
«Non sono un tecnico, ma dovremmo avere il coraggio di rimettere mano al sistema magari allungandolo di un paio d'anni soprattutto trovando le formule giuste per invogliare le persone a restare al lavoro. Penso soprattutto agli incentivi».
     Noi, lo diciamo con franchezza, non abbiamo mai apprezzato le esternazioni dell’on. Bocchino, né per i toni, tantomeno per i contenuti, troppo spesso impregnate di demagogia, prive come sono di verità pragmatiche. Ed anche questa volta non si è smentito: allungare l’età pensionabile per legge, a nostro avviso, è l’ultima delle proposte da mettere in campo.
     Comprendiamo che non sia facile muoversi in un settore così complesso, ma secondo noi repubblicani è possibile intervenire, senza intaccare i diritti acquisiti, semplicemente agendo seriamente nel campo del lavoro giovanile. E’ di ieri la comunicazione dell’Ufficio Istat sui dati della disoccupazione che aumenta in generale, e soprattutto tra i giovani: il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 27,7%, con un calo di 0,4 punti percentuali rispetto al mese precedente ma in aumento di 2,9 punti percentuali rispetto all'anno scorso.
     Ed allora, noi repubblicani, crediamo che sia giunto il momento di proporre una politica che, tenendosi alla larga dalle rigidità liberali di cui fa ampio sfoggio il Governo nazionale attuale, legiferi con urgenza per consentire l’immissione immediata delle forze giovanili nel campo del lavoro, subito dopo il conseguimento del titolo scolastico. Uno stipendio ridotto, o quote da erogare da parte pubblica, alleggerimento degli oneri fiscali, e via dicendo. Tenere infatti i giovani inutilizzati è un lusso che la società moderna come la nostra non può permettersi.
     L’immissione dei giovani nel campo del lavoro avrebbe degli immensi benefici. Intanto li si terrebbe impegnati da subito, educandoli ad un sano lavoro, invece di vederseli in casa fino a tarda età. Poi ci troveremmo con lavoratori che, avendo lavorato più a lungo, avrebbero contemporaneamente contribuito di più alle casse della Previdenza sociale. L’avvio del giovane nel mondo del lavoro sfrutterebbe le caratteristiche di freschezza dell’individuo: puntare ad aumentare l’età pensionabile invece, è indirizzata ad individui che sono già stanchi, non tanto fisicamente, ma soprattutto mentalmente. I lavori moderni sono basati sempre di più su tecnologie d’avanguardia, che necessitano di conoscenze sempre maggiori, ed usurano maggiormente dal punto di vista dello stress mentale e psicologico.
     E’ sul giovane che bisogna in sostanza puntare, non sull’anziano. Se poi c’è chi vuol spingere la propria attività lavorativa oltre gli attuali limiti di età, riteniamo che gli si possa lasciare la possibilità, ma come scelta, non come obbligo.
     Tutto qui. Questa è la nostra proposta. Purtroppo né il Cavaliere nazionale, né i suoi colonnelli, sono in grado di far propria una ricetta così semplice: perché bisognerebbe intervenire con finanziamenti pubblici che al momento attuale non sono previsti in bilancio. Soldi che poi rientrerebbero sotto forma di contribuzione e tasse, data la maggior massa lavoratrice messa in movimento.
     Resta solo un’ultima domanda, purtroppo retorica: ma i soldi delle nostre tasse, oggi, dove vanno a finire?

Giovanni Corrao - 02/05/2010


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