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La sonora sconfitta elettorale subita alle provinciali sarde dai due maggiori partiti italiani, Popolo della libertà e Partito democratico, oltre a rappresentare un fortissimo campanello d’allarme per le due formazioni, diminuisce di gran lunga per il futuro il potere contrattuale dei due partiti leaders dei poli di centrodestra e centrosinistra. Ma oggi, purtroppo, i candidati che si fronteggiano al secondo turno delle elezioni provinciali fanno parte proprio di quei due partiti usciti numericamente sconfitti dal primo turno elettorale, situazione che rappresenta un vero e proprio ricatto: anche perdendo nettamente alla prima tornata, terranno sempre loro in mano le redini della politica grazie alla seconda chance elettorale. Chi aveva deciso di non concedere più la propria fiducia al Pdl o al Pd, e sono tanti, al secondo turno elettorale si troverà di fronte proprio due candidati delle suddette formazioni, e dunque a dover risolvere un nuovo rebus: che fare? … si vota o non si vota? Situazione ricattatoria che probabilmente porterà all’aumento spropositato dell’astensione. Infatti solo un terzo circa dei votanti ha optato in prima battuta per i due partiti di riferimento degli schieramenti, mentre gli altri due terzi saranno costretti a scegliere proprio per chi avevano accuratamente evitato di premiare al primo turno. Uno dei tanti paradossi creati da leggi elettorali approvate senza un minimo di riflessione, sfruttando gli sbandamenti del momento per garantire interessi di parte. Oltretutto il dimezzamento della percentuale di gradimento del Pdl, e il netto ridimensionamento del Pd, al di là delle considerazioni e delle conseguenze politiche all’interno di dette formazioni, porterà gli altri partiti ad alzare le pretese nel prossimo futuro, creando dunque instabilità più di quanto già non ce ne sia, ed evitando probabilmente alle prossime competizioni elettorali l’accaparramento degli eletti da parte di Berlusconi e Bersani Visto che il voto sardo è sempre stato anticipatore, possiamo a questo punto ipotizzare, nonostante i sorrisi di Berlusconi, un futuro molto molto insicuro per gli assetti politici italiani, oltre che drammatico per la tenuta economica. Il crollo dei maggiori partiti delle due coalizioni che si fronteggiano, in un sistema elettorale basato proprio su potenti partiti di riferimento, ormai inesistenti, porterà ad un indebolimento dell’attività amministrativa complessiva e ad un disorientamento dell’elettorato. Ci aspettano momenti bui, causati soprattutto da un Berlusconi che ha cavalcato un consenso concessogli frettolosamente nel passato dalla maggioranza degli italiani, restituendo in cambio solo una democrazia di facciata: con l’aiuto esplicito, diciamolo chiaro, di un polo di centrosinistra che ha fatto finta di niente. Vogliamo solo ricordare a proposito il tentativo segretissimo di fine 2007 attuato da Berlusconi e Gianni Letta da una parte, e Veltroni e D’Alema dall’altra, di approvare una legge elettorale che vedesse premiati i partiti di maggioranza relativa e non le coalizioni. Un’ultima considerazione prima di incrociare le dita sul futuro della nazione: in questo scenario si aprono spazi ampi ed inattesi per le formazioni minori. Forse è proprio il momento giusto per rimettere in piedi la nave repubblicana: avremo tempo poi per decidere verso quale direzione orientarla. L’Italia ha più che mai bisogno di gente con la testa sulle spalle e che abbia chiaro il concetto di stato e di senso civico.
Giovanni Corrao - 06/06/2010
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