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Quando la Corte costituzionale il 21 aprile scorso ha annullato la Legge statutaria della Sardegna pochi hanno gioito, nessuno ha pianto. Nessuno ha avuto di che rallegrarsi perché la mancanza di una legge fondamentale lascia un vuoto nella disciplina della struttura istituzionale. O meglio continuano ad aversi norme frammentarie e superate relative al governo, al rapporto tra i supremi organi regionali, sui principi di organizzazione e finanziamento del sistema regionale, sull’esercizio della iniziativa popolare e i referendum, sui casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente, degli assessori, e dei consiglieri regionali. Come si vede è un bel po’ di roba. Nessuno ha pianto perché nel frattempo il Presidente e la maggioranza che era riuscita a dividere con il suo assalto personale alle forze che lo sostenevano, sono stati sconfitti alle elezioni. La Legge statutaria era stata già bocciata non per il suo contenuto, peraltro discutibile assai, ma per un grave vizio procedurale. Già la Corte d’appello di Cagliari aveva dichiarato che essendo stata sottoposta a referendum e non avendo ricevuto un risultato favorevole per mancanza del quorum, cioè di una maggioranza superiore al 50% dei voti validi espressi, il referendum era invalido. La promulgazione di ogni legge è un atto di accertamento, di constatazione che il procedimento di formazione è regolare. In presenza di un giudizio negativo della maggioranza dei votanti e della mancanza del quorum, il procedimento di formazione risulta incompiuto e rende nulla la promulgazione, e la legge, ancorché pubblicata, non produce alcun effetto. Due ciliegine. La Regione sarda si è costituita in giudizio tardivamente ed i possibili effetti di inammissibilità sul conflitto di poteri tra Stato e Regione non hanno influito sull’esito del processo. La seconda ciliegia è il nome del giudice costituzionale relatore della Legge statutaria: il prof. Ugo De Siervo. Si tratta dello stesso magistrato che il 6 febbraio del 2006 aveva relazionato sulla richiesta del Governo centrale di annullare la Legge 25 novembre 2004, n. 8 sulla “Provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale”. Cioè il giudice che ha proposto la nullità della Legge statutaria è lo stesso che riconobbe il diritto della Regione sarda di tutelare ambiente e territorio sulla base della sua competenza statutaria. Ora il cammino di una nuova legge statutaria dovrà essere ripresa da democratici rispettosi della Costituzione e dello Statuto sardo. E’ essenziale che le proposte in materia non siano frutto di una ristretta élite di tecnici del diritto che impongano una visione verticistica intorno alla figura del Presidente, dotata di onnipresenza di poteri, ma di un dibattito aperto che induca a rispettare a livello regionale l’equilibrio tra rappresentatività e governabilità. Come accade in tutte le istituzioni democratiche.
Marcello Tuveri - 07/06/2009
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