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Il 10 ed 11 novembre si è tenuto, fra Bitti e Cagliari, un convegno per celebrare Giorgio Asproni nel centotrentesismo anniversario della sua morte. Occorre dare merito tanto alla Associazione quanto alla Loggia giustinianea che hanno promosso le manifestazioni, cui hanno partecipato molti studiosi, alcuni anche di altissimo livello, come - per fare un nome soltanto - il prof. Lotti. So che entro pochi mesi si provvederà alla stampa degli atti, e potremo dunque leggere con maggior attenzione quanto un ascolto precario e parziale ci ha comunque consentito già di pregustare. Un solo rammarico, che desidero mettere qui per iscritto, dopo averlo comunicato, correttamente, a chi di dovere: il "saluto" del sindaco di Cagliari alla sessione serale di sabato, nella Casa massonica, era del tutto improprio. Soprattutto perché la figura personale e politica di Emilio Floris costituisce l'esatto opposto di quel che è stato Giorgio Asproni. E l'opposto anche di chi è stata e rappresenta nell'immaginario collettivo la grande coscienza di Cesare Pintus, che egli ha evocato soltanto come riempitivo di un discorso inutile (che non ho gradito, tanto da non essermi alzato per i saluti quando è passato, congedandosi, al nostro tavolo dei relatori). Potrei al riguardo ricordare un piccolo episodio: nel 2001, per onorare il centenario della nascita di Pintus, stampai (con uno stipendio) un volume dedicato a Pintus repubblicano ed antifascista, e lo donai - con una lettera che richiamava i passaggi importanti della vita pubblica del Nostro - al sindaco così come a ciascun consigliere e a ciascun assessore, tutti invitando a seguire l'esempio del sindaco del 25 aprile e della prima ricostruzione morale e materiale della città dopo le devastazioni dei bombardamenti e, forse più ancora, della dittatura ventennale. Degli oltre cinquanta destinatari, due soltanto mandarono un cenno di gradimento e ringraziamento (un assessore tecnico e un consigliere di opposizione). Zitto, nella massa, questo piccolo sindaco che battezza le strade ai fascisti che furono! Aggiungo, per testimonianza personale. Andando via dalla Casa massonica, ho trovato un ex militante della FGR che nel 1994 non fece passare una settimana per intrupparsi con i servi di Berlusconi. Per intrupparsi in quell'accolta che, vinte le elezioni, sostenne essere cosa propria anche le istituzioni, tanto da liquidare Giovanni Spadolini dalla presidenza del Senato (quello Spadolini che rivendicava a sé il ruolo di "uomo delle istituzioni"). Si sa come la cosa andò: la sconfitta per un solo voto, e l'elezione di Scognamiglio. Poi, quattro mesi dopo, la morte del Nostro Grande. E anche la pubblicazione di un necrologio, sul giornale locale, che - da parte di esponenti di quell'accolta ignominiosa che è Forza Italia - gratificava Spadolini del titolo di "grande e illuminato statista bla bla". Ho ricordato a quell'ex amico che lo consideravo complice della morte affrettata di Spadolini. E non scherzavo certo, né giocavo per paradossi. Tema grave, che ho richiamato già nel libro su Spadolini e Visentini (1996), non ho mai sentito sollevare da nessuno, questo.
Gianfranco Murtas - 13/11/2006
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