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Il 12 ottobre del 2002 i repubblicani dell'Ulivo si sono riuniti al Tucano di S. Giusta (OR) per discutere della situazione politica del momento. Sono quelli del versante di sinistra, che non hanno mai smesso di dialogare, mantenendo sempre aperto un confronto costruttivo, pur ritrovandosi temporaneamente collocati in forze politiche differenti. Il passaggio alla C.D.L. del PRI di Giorgio La Malfa ha contribuito a rafforzare i legami di un gruppo di amici che sperano di poter mantenere vive le grandi idee repubblicane, e di tramandare intatto il patrimonio culturale di ispirazione risorgimentale alle nuove generazioni. Di questa riunione è stato sinteticamente trascritto l'intervento di Giannetto Massaiu. Leggiamolo insieme. "Ci sono alcuni assenti, per vari motivi, ma ci siamo consultati ed abbiamo deciso comunque che sarebbe stato utile incontrarsi. Sono passati circa 40 anni da quando ho conosciuto Lello Puddu che, insieme ad altri giovanotti, ci portò ad un congresso nel 1962 a Livorno del PRI. Fu un congresso di spaccatura, nel quale i Pacciardiani non intervennero perché il PRI imboccò la strada del centro-sinistra. I problemi che abbiamo di fronte sono antichi e si ripresentano ciclicamente, indipendentemente dalle scelte fatte, e rendono difficile la nostra appartenenza in altre formazioni politiche. Certo è che nel 1994 il quadro politico nel nostro paese è cambiato improvvisamente, ed i repubblicani hanno subìto in maniera devastante questo periodo. Io non ho nulla contro chi ha fatto scelte diverse dalla mia, in quanto siamo in presenza di collocazioni di tipo politico, anche se c'è chi si è fatto guidare da convenienze personali. Abbiamo vissuto con tristezza il disperdersi di storie ed ideali che hanno fatto la storia del nostro paese. C’è addirittura chi sta tentando di riscrivere la storia politica d’Italia, soprattutto nel dopoguerra, eliminando la figura ingombrante di Giuseppe Mazzini. È scomparso anche il nome di Ugo La Malfa, persona che è molto vicina ai nostri ideali politici: i repubblicani, in un certo senso, con la loro coscienza critica danno fastidio. A questo punto dovremmo fare un pò di conti e prendere delle decisioni. È cambiato il quadro di riferimento, e diviene difficile oggi fare politica rifacendoci ai quarant’anni precedenti. Tutti i riferimenti sono modificabili. Non c’è dubbio che l’Europa sia una presenza con la quale dobbiamo fare i conti. Si è chiusa una fase politica del nostro paese, e questo mi sembra un fatto oggettivo. Ad esempio, fra il vecchio MSI ed AN ci sono differenze enormi. Manca poi un grande partito di riferimento, quale è stato nel passato la DC, oltre al fatto che l’ideologia comunista si è dispersa. Molti hanno dovuto vedersela col proprio passato, e sono oggi improponibili. Spero di avervi trasmesso le molte incertezze ed i dubbi che mi porto dentro, oltre all’età che avanza, la stanchezza e tutto il resto. Ci resta in ogni caso quel senso di colpa per la mancanza del senso morale del dovere, che dovrebbe derivarci dalla nostra cultura. Storicamente i repubblicani non sono mai stati in governi dove erano presenti democristiani e comunisti. Noi apparteniamo ad una scuola di pensiero dove chi è privilegiato è solo il cittadino, il singolo, l’individuo. Ciò che mi colpisce è che, nonostante la recente lettera di Giuliano Amato e Massimo D’Alema sulla nuova sinistra, Amato non abbia mai preso la tessera DS. I grandi partiti liberali non sono mai sorti dalla tradizione cattolica. Sul piano politico tutto questo si esprime in Europa su piani differenziati. Luciana Sbarbati ha perso la battaglia quando è rimasta dentro il PRI. All’interno dei DS non è in qualche modo emersa una presenza minima di repubblicani organizzati, nonostante siano stati bene accolti a titolo individuale. La stessa impressione ho avuto per chi è entrato dentro la Margherita. Noi siamo sempre stati la fanteria leggera che parte avanti a tutti e si fa decimare. Oggi non siamo più il partito del 5 né del 3%. È comunque vero che una parte del nostro storico elettorato è sbandato perché anche noi non riusciamo a ricompattarci. Bisogna dunque inventare uno strumento che ci tenga collegati."
a cura di Giovanni Corrao - 20/11/2006
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