Il Partito Repubblicano in Sardegna dal 1987 al 1994. Storia di una disfatta annunciata

     Il XIX congresso è convocato, un’altra volta, a Quartu (e sempre all’Hotel Diran), per il 28 e 29 novembre 1987. Necessità di chiarimenti interni ne provocherà il rinvio di tre settimane.
     Il quadro della situazione alla vigilia dei lavori si mostra alquanto definito: Salvatore Ghirra intende passare la mano, sente che la sua stagione si è ormai conclusa. Quasi sette anni di faticoso quotidiano servizio ad un partito in cui cresce la litigiosità, a fronte dei doveri cui è chiamato in modi sempre più stringenti, hanno logorato la fibra del segretario. Non sono mancati i casi che hanno generato tensioni, oltre che per la partecipazione agli esecutivi regionali anche per quella a giunte assembleari, con democristiani e comunisti insieme, in comuni di grande rilievo come La Maddalena e Quartu Sant’Elena.
     Ultimo episodio in ordine di tempo, la pressione dei consiglieri regionali per passare dall’appoggio esterno alla giunta Melis – non riconoscendo essi particolare legittimazione politica al tecnico pur di valore indicato dal partito – ad una presenza diretta all’esecutivo. Una opzione peraltro non declinata in tutta trasparenza e ancor meno in armonia, dandosi alla scelta finale due candidature: quella di Antonio Catte (già assessore nella precedente legislatura) e quella di Giovanni Merella (al suo esordio consiliare nel 1984), che infine l’ha spuntata. E di più: una pressione filogovernativa non più condizionata formalmente alla modifica della legge elettorale, che restituisca alle minoranze la possibilità di un recupero dei resti su scala regionale.
     In quanto titolare dell’Urbanistica – la principale fra le competenze del suo assessorato – quest’ultimo è apparso, a torto o a ragione, favorevole ad una legislazione meno vincolistica che nel passato, suscitando così ripetute prese di distanza polemiche da parte dello stesso segretario regionale: «Fa apparire il PRI disponibile alla cementificazione indiscriminata delle coste, mentre non siamo né cementificatori né amici dei cementificatori», ha dichiarato Salvatore Ghirra a “La Nuova Sardegna”. (1)
     La relazione stesa dal segretario e passata alle sezioni per la discussione delle sue tesi e la conseguente elezione dei delegati parte, si può dire, dalla stessa persona del suo estensore, il quale partecipa anche i suoi stati d’animo, fra delusione e frustrazione. Si tratta comunque di rinnovare i quadri dirigenti del partito ed affermare un approccio all’impegno politico meno sensibile al potere per il potere e più attento alle ricadute sociali che una determinata scelta legislativa o amministrativa può avere. Ed è proprio l’impoverimento del dibattito interno attorno alla “conquista” di un assessorato che sconcerta il segretario, che di tanto fa addebito al gruppo consiliare. E comunque, ora che l’assessorato è entrato nelle dotazioni politiche del partito, si tratta di impegnare l’intero PRI in una responsabile interlocuzione sia con il titolare di quell’incarico sia con l’esecutivo Melis nel suo complesso. La questione dei vincoli edificatori posti dalla precedente amministrazione si fa centrale nel disagio e nella polemica.
     Come già nel 1984, e in verità anche durante l’intero corso della legislatura che ormai s’avvia al suo compimento, la stampa locale guarda con grande interesse alle posizioni repubblicane e alla dialettica interna. Con evidenza dà notizia di un inviato del segretario nazionale – è il deputato Giorgio Medri, capo della segreteria politica di Giorgio La Malfa (subentrato a Giovanni Spadolini eletto presidente del Senato) – venuto in Sardegna per appurare i termini esatti del contenzioso fra le correnti e, se possibile, ristabilire un clima di armonia – e con non minore risalto ospita anche le dichiarazioni di Merella che replica alle critiche di Ghirra.
     Circa la politica degli allentamenti dei vincoli edificatori, in una intervista a “La Nuova Sardegna”, l’assessore dichiara: «Ho semplicemente sostenuto che il territorio va certamente difeso, ma anche utilizzato per lo sviluppo economico. Ho un interessante progetto da sottoporre agli altri assessori che hanno competenze in materia. Lì si vedrà quale è in concreto la linea». E circa le vicende interne del partito: «Gli amici sono venuti da me spontaneamente perché erano scontenti della gestione del segretario, che puntava a dividere anziché a unire. Nei miei confronti si è arrivati persino alla calunnia. E’così che si fa politica? Mi rimproverano di essere rappresentante del partito a Sassari. A Sassari il PRI è cresciuto, alle ultime elezioni, abbiamo più voti di Cagliari, ed è stata la prima volta. A Cagliari, questo nostro successo non è mai piaciuto. Ma noi siamo stati in grado di impegnarci a fondo e gli amici che ruotano attorno al partito ci hanno aiutato in concreto a sostenere uno sforzo enorme». Circa l’imminente congresso anticipa di voler presentare una lista unitaria e di puntare su una personalità di grande prestigio per la segreteria. (2)
     Questi sono gli argomenti presenti anche in un colloquio con Giacomo Mameli, di cui è ampio resoconto, nella stessa data, su “L’Unione Sarda”. «Nel 1982 ero assessore all’Urbanistica a Sassari – ricorda Merella – . Senza ruspe di Stato ho fatto demolire duemila metri cubi abusivi messi su da un grosso imprenditore. Non ho paura del piccone, anzi. Ma parto da un altro punto di vista: il decreto di Cogodi è fatto solo di vincoli che mi stanno benissimo, ma sui quali non c’è accordo politico. In Giunta sono stati alquanto chiari gli assessori socialisti Franco Mannoni e Fausto Fadda. Ciò vuol dire che se si porta in aula un provvedimento di quel tipo può anche non passare. Ciò vuol dire che la maggiorana va in crisi. Si vuole questo?». E dunque? «Che dopo i vincoli si creino regole. In tempi brevi, in quattro o sei mesi al massimo, si può varare un disegno di pianificazione territoriale che dia certezze a tutti i soggetti pubblici e privati. Oggi questo vademecum non c’è. Perché su un progetto urbanistico interviene il mondo: il mio assessorato, l’Ecologia, la Pubblica istruzione con la Divisione dei Beni ambientali, l’assessorato alla Programmazione, quello ai Lavori pubblici. Ciò vuol dire stasi, paralisi. In tal modo non si può amministrare. Io propongo un dipartimento unico: che decida. Ritengo che gli scempi finora compiuti siano infiniti e vergognosi. Per colpa di chi? Della Regione che non ha avuto il coraggio di legiferare in materia. Dobbiamo uscire dall’incertezza e organizzare il territorio. Facciamo una pianificazione seria: e si costruirà solo dove il nuovo sistema lo consentirà. Lo spazio politico c’è: c’è per fissare regole, non per cementificare la Sardegna».
     Conclude commentando la relazione che il segretario ha diffuso con largo anticipo sulla data congressuale: «E’ molto carente soprattutto sui contenuti politici, sulla prospettiva. Ghirra si è soffermato più sui temi di frizione esistenti anziché sull’analisi, non affronta i temi della maggioranza che governa, delle nostre alleanze. Non ha spiegato perché c’è stata la scelta a sinistra, se è stata o meno determinante per il rilancio economico. Manca secondo me l’analisi della Sardegna proiettata verso il Duemila. E noi, che siamo una piccola forza ma caratterizzata ideologicamente, abbiamo il dovere di far riflettere prima di tutto noi stessi: diversamente è inutile predicare agli altri… Il nostro congresso dovrà dare un contributo concreto agli sforzi che la Sardegna sta compiendo per ritrovare una sua identità politica ed economica, dobbiamo dire quale tipo di sviluppo vogliamo. Se parliamo di politica si possono mettere da parte anche le frizioni, che non giovano a nessuno». (3)
     Dei contatti pacificatori, o chiarificatori – dieci ore e più! – , promossi dall’on. Medri sia con il segretario regionale che con i consiglieri Catte e Tarquini e l’assessore Merella, nonché con i vertici delle consociazioni provinciali (Orgiana per Cagliari, Battistino Scarpa per Oristano, Massaiu per Nuoro, assente per causa di forza maggiore il sassarese Razzu) si ha notizia per quanto gli stessi partecipanti riferiscono ai cronisti: si sarebbe confermato l’incrocio di accuse fra Ghirra e Merella avente ad oggetto la supposta autonomia rivendicata dal gruppo consiliare o un braccio di ferro voluto dai sassaresi in vista della “conquista” di un assessorato inteso come centro di potere e per mutare gli equilibri tradizionali fra i territori isolani; chiarimento invece sulla politica urbanistica. Medri (che presenzierà al congresso) conferma essere il PRI il partito della legislazione Galasso, e tutti convengono sulla necessità di onorare, nel concreto, i principi ispiratori della normativa. Conclusione: la relazione del segretario terrà conto dei chiarimenti intervenuti e della… febbre polemica fortunatamente abbassata. E si intensificheranno i tentativi di individuare una personalità “unitaria” che possa succedere a Ghirra. I nomi che anche sui giornali si fanno sono molti: da Razzu a Pau e Massaju, a Bulla e Siddi, o magari a un collegio rappresentativo dei vertici provinciali. La variabile territoriale si va imponendo anche in questa fase ad un partito che non ne è stato mai così preso, neppure ai tempi ormai remoti di Michele Saba. Infine sarà quello di Achille Tarquini il nome su cui si convergerà, rientrando anche la ipotesi, affacciata per qualche tempo, di una lista di minoranza concordata fra esponenti di calibro come Bruno Fadda ed Antonio Catte. (4)
     Dunque il congresso (e colpisce, per la coincidenza di calendario, che l’assessore Merella partecipi a Putzu Idu, venerdì 18, ad un convegno promosso dalla Provincia di Oristano, e per essa dall’assessore repubblicano Boricheddu Trogu, su “sviluppo e difesa ambientale”: è l’occasione in cui egli ribadisce le sue posizioni in materia urbanistica – ancora giudicando «fuorviante e inefficace» la legge Cogodi – , incontrando però le perplessità di non pochi amministratori locali).
     Alla presenza anche di folte delegazioni dei partiti (dal socialista Antonello Cabras al comunista Gianni Derosas – polemico sull’indirizzo urbanistico di Merella –, dal democristiano Salvatore Ladu al socialdemocratico Gianni Contu, al sardista Mario Carboni che sottolinea come il PSd’A sia indipendentista e federalista e non separatista, ecc.) Salvatore Ghirra svolge la sua relazione, in gran parte a braccio, recuperando i concetti contenuti nel testo scritto a suo tempo distribuito alle sezioni. Non carica oltre il dovuto la parte relativa ai contrasti interni, anche se non manca di evocare episodi rivelatori del calo ideale di taluno che non ha saputo penetrare veramente, a suo avviso, la cultura delle istituzioni e dell’alta politica onorata da uomini come Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini (il riferimento è ad uno smodato interesse alla spartizione del sottogoverno fra USL, enti e comitati). Piuttosto guarda, il segretario, allo scenario politico presente, ponendosi il problema di come condurre a conclusione positivamente la legislatura segnata dalla presidenza Melis, per il che auspica un recupero dello spirito unitario fra le maggiori forze politiche isolane. Sostiene anche che il PRI dovrebbe assicurare lealmente l’appoggio all’esecutivo in carica fino a che questo dia corso all’attuazione del programma concordato. Alludendo ad Achille Tarquini, fa riferimento ad una successione di alto profilo che il partito sicuramente è in grado, secondo lui, di darsi. Non si ritrae infine all’abbraccio con l’”avversario” Merella e la commozione che, con i protagonisti, coinvolge la platea dei delegati è autentica.
     Il dibattito si apre subito, purtroppo con i toni stonati di un delegato algherese (Michele Gavini, invitato poi da Merella a lasciare la tribuna); intervengono i delegati di quasi tutte le sezioni rappresentate e i massimi dirigenti, da Orgiana a Fadda, da Marini a Del Giudice, da Merella a Catte, che rinunciando ad una ipotizzata staffetta assessoriale ha contribuito al rasserenamento del clima, ma anche piuttosto critico quando afferma che «la giunta sta tornando ai cantieri-scuola, all’assistenzialismo» e che «bisogna realizzare i programmi». Parlano altresì Lucchi, Pischedda, Zara, Massaiu («da noi si viene per dare e non per prendere») e Tarquini, segretario in pectore. Nella logica del ricambio generazionale dichiarano di trarsi indietro due altri dirigenti storici del partito, Raffaello Puddu e Marcello Tuveri, e la lista che circola fra i delegati è infine il prodotto di un incontro unitario e, all’apparenza almeno, pacificato.

     Questa la mozione approvata all’unanimità: «I delegati repubblicani sardi al termine dei lavori del XIX congresso regionale del partito, dopo un lungo e approfondito dibattito

«a) valutano positivamente i contributi portati al dibattito congressuale e dalla relazione congressuale e dai numerosi interventi dei molti delegati di tutte le sezioni dell’Isola;

«b) indicano nella attuale collocazione del partito, impegnato nella attuale esperienza di governo della Regione, la posizione più consona e coerente con quelle indicazioni programmatiche poste a premessa di qualsiasi ipotesi di collaborazione tra le forze politiche presenti nella assemblea regionale sarda;

«c) ribadiscono anche in Sardegna il vincolo inalienabile a considerare la nostra regione territorio non separabile dalla nostra Repubblica rifuggendo da camuffate vocazioni separatiste o da nostalgie di malintese istanze indipendentiste;

«d) riaffermano l’esigenza indifferibile di rispetto del sistema delle alleanze internazionali, oggi ancora più di ieri, alla luce della nuova fase di distensione internazionale che il paese sta conoscendo;

«e) condizionano la loro prosecuzione dell’esperienza di governo nella giunta regionale alla realizzazione di alcuni punti programmatici non più rinviabili:

«1) portare alla celere approvazione del piano per l’occupazione che eviti la parcellizzazione delle risorse finanziarie e la loro utilizzazione nei vecchi ed anacronistici cantieri di lavoro. Dovrà al contrario privilegiare l’incentivazione delle iniziative imprenditoriali della piccola e media impresa, dell’artigianato, del turismo, della trasformazione dell’industria agro-alimentare;

«2) nuovo impulso al proseguimento mirato della infrastrutturazione dell’isola migliorando innanzitutto il suo sistema viario, la sua organizzazione telematica, l’avvio e lo sviluppo di una componentistica e l’adeguamento di una rete di trasporti al passo con le esigenze di un paese moderno;

«3) sostanziale salvaguardia di tutto il tessuto ambientale sardo con l’approntamento di una legge quadro sull’uso e la gestione delle risorse territoriali, che privilegi l’assetto costiero vincolandolo all’inedificabilità, ove necessario, ma dotandolo anche e soprattutto di regole che evitino gli abusi e le insorgenze di fenomeni di speculazione e di edificazione che lo degradino definitivamente ed irrimediabilmente;

«4) completamento dell’iter legislativo dei disegni di legge di riforma sulla struttura burocratica della Regione che accorpi le competenze soprattutto in materia di gestione del territorio, che individui compiti ben specifici e distinti delle istituzioni regionali preposte al governo o all’approvazione degli strumenti legislativi evitando le commistioni di ruoli che tanta confusione hanno generato nel passato;

«f) ribadiscono infine l’esigenza che lo spirito unitario che ha consentito l’individuazione di una lista unitaria di candidati rappresentanti le diverse realtà del partito, sia il presupposto per un rinnovato concorde impegno di tutti i repubblicani finalizzato alla affermazione degli ideali repubblicani». (5)

     La nuova direzione è così composta: Achille Tarquini, Antonio Catte, Benito Contu, Mario Deiosso, Franco Del Giudice, Nino Ena, Roberto Farci, Bruno Fadda, Renzo Ibba, Franco Latti, Marco Marini, Calogero Marsala, Giannetto Massaiu, Piergiorgio Massidda, Giovanni Merella, Gino Micheletti, Gonario Murgia, Toni Murgia, Angelino Olmeo, Annico Pau, Gianni Pianu, Gianni Piretto, Ignazio Podda, Gino Puddu, Salvator Angelo Razzu, Paolo Sardo, Alberto Siddi, Gianni Soru, Pietro Tronci, Franco Turco e Liliana Zara. In quanto ai territori, e considerato Tarquini super partes, 14 seggi vanno ad esponenti cagliaritani, 8 a quelli sassaresi, 6 ai nuoresi e 2 agli oristanesi.
     Una lettura più analitica degli svolgimenti congressuali e in specie delle sue conclusioni indica in una solida maggioranza l’area merelliana, due minoranze nei gruppi cagliaritani che fanno capo a Marco Marini, ancora assessore comunale nel capoluogo, ed a Bruno Fadda; in posizione mediana e di “cuscinetto” i nuoresi, non soltanto Massaiu e Pau ma anche Catte, da sempre piuttosto defilato. Naturalmente non mancano gli arzigogoli su cui si esibiscono i cronisti politici, ma che comunque riflettono realtà di cui occorrerà tener conto. Scrive Filippo Peretti su “La Nuova Sardegna” del 22 dicembre: «La componente del sassarese Merella e del nuorese Giannetto Massaiu ha undici membri in direzione , la componente cagliaritana di Franco Turco e di Benito Orgiana ne ha nove, la componente del nuorese Antonio Catte e del cagliaritano Bruno Fadda ne ha sette, mentre degli ultimi tre seggi due fanno capo all’assessore cagliaritano Marco Marini e uno a un “indipendente”. Sul piano delle alleanze, il rapporto più solido è quello tra la componente di Merella-Massaiu e quella di Turco-Orgiana: complessivamente 20 membri. Ma con la mediazione di Tarquini, c’è stato il riavvicinamento tra Merella e Catte…».
     La direzione eleggerà alla unanimità Tarquini alla segreteria politica. Questi intanto viene intervistato dai giornali che lo presentano nella sua veste professionale di chirurgo e di lettore appassionato della Yourcenar. Dice d’esser felice della ritrovata unità del partito, certamente favorita dalla rinuncia di Catte a concorrere contro Merella nella guida di un assessorato nella presente legislatura, assicura di voler dare la priorità, nel suo impegno di segretario, alla moralizzazione della vita pubblica («Quando si spendono i soldi dei cittadini bisogna essere rigorosi») ed all’efficientamento del servizio sanitario («Non dimenticherò certo la mia esperienza professionale..»). (6)
     Sabato 9 gennaio 1988 le previsioni si realizzano tutte. Riunita ad Oristano la direzione elegge, a scrutinio segreto, con 29 voti – una sola scheda bianca, quella del candidato –, segretario regionale del PRI Achille Tarquini. Il quale subito annuncia le sue intenzioni: fare delle consultazioni con la base e le competenze presenti nel partito il metodo ordinario della sua segreteria. Per questo conta di farsi «itinerante» fra consociazioni provinciali e sezioni presenti in città e paesi dell’Isola tutta. Anche la direzione regionale migrerà periodicamente fra i quattro capoluoghi ed assemblee plenarie della militanza saranno convocate ogni sei mesi. (7)
     Alcune settimane dopo viene formalizzata la composizione dell’esecutivo chiamato ad affiancare il segretario nell’espletamento del suo mandato. Si tratta del capogruppo Catte, dei segretari provinciali di Nuoro, Sassari e Cagliari – rispettivamente Giannetto Massaiu, Salvator Angelo Razzu ed Alberto Siddi –, nonché di Franco Turco, assessore comunale a Quartu. Ignazio Podda è nominato amministratore regionale. (8)
     Tutti gli sforzi spiegati dal nuovo segretario regionale sono tesi a riassorbire le polemiche interne, cercando di concentrare l’impegno di tutti sul merito dell’arte politica, i programmi e la cura degli adempimenti amministrativi che debbono essere nella priorità sia dei rappresentanti negli enti locali che delle sezioni sul territorio. Allo stesso tempo cerca di rasserenare gli animi all’interno del gruppo consiliare, rinunciando egli per primo a porre problemi personali.
     Va detto peraltro che la costituzione, a maggio, della associazione politico-culturale intitolata a Cesare Pintus ad iniziativa dell’ex segretario Ghirra e di dirigenti come Puddu e Tuveri, alleggerisce di motivi polemici le sedi proprie del partito. Essa consente ai repubblicani cagliaritani che hanno sofferto la lunga turbolenza vissuta dal PRI sardo di indirizzare o soddisfare le loro energie etico-civili su un piano associativo diverso da quello proprio di un partito e contemporaneamente di affermare idealità politiche, ora svincolate da ogni convenienza di sigla, sul più largo campo della sinistra democratico-riformatrice, liberale e socialista.
     In questo contesto è di un qualche rilievo la pubblicazione, nella primavera 1988, del libro di Gianfranco Murtas “L’Edera sui bastioni”, cui farà seguito, nel luglio 1989, il volume “Ugo La Malfa e la Sardegna”, primi titoli (autofinanziati dall’autore) di una lunga serie di saggi che danno conto della storia del Partito Repubblicano Italiano nell’Isola.
     Sul piano organizzativo la segreteria Tarquini valorizza l’ufficio stampa, affidando a Celestino Moro l’editing di alcuni numeri di un periodico – “L’Edera” – che cerca di fornire informazioni sull’attività degli organi dirigenti.
     A fine maggio si tiene un turno elettorale in diversi comuni di un certo rilievo come Quartu Sant’Elena, Porto Torres, Assemini, Capoterra e Villaputzu. Per l’occasione è nell’isola l’on. Giorgio La Malfa, che parla a Quartu e rilascia diverse interviste ai giornali. (9)
     Complessivamente i risultati delle urne sono positivi, soprattutto a Quartu Sant’Elena , dove si raccolgono oltre 1.500 voti, il che consente l’elezione di due consiglieri (Turco e Farci) Così ad Assemini dove con una percentuale del 4,5 (e quasi 500 voti) si conferma il seggio (Mostallino); due seggi anche a Capoterra, con il 6,30 per cento e il raddoppio rispetto alle precedenti elezioni (trainante il capolista Massimiliano Cabras); per pochi voti si manca il seggio a Porto Torres, dove comunque i 345 consensi sono più di quanti la città ne diede alla lista con i liberali alle regionali del 1984. (10)
     Il 27 novembre Giorgio La Malfa ritorna in Sardegna per un incontro con la direzione regionale e le rappresentanze provinciali. Rilascia una lunga intervista a “L’Unione Sarda” in cui, mentre assicura la lealtà alla giunta Melis, nega che mai il PRI possa spalleggiare i cementificatori, respingendo quindi ogni sospetto in proposito. (11)
     Nel 1989 a marzo un convegno degli amministratori locali repubblicani si tiene ad Assemini alla presenza del responsabile della del settore Enti locali della direzione nazionale, Denis Ugolini. Le giunte cosiddette “anomale”, cioè estranee al disegno nazionale del pentapartito, sono ormai diverse – compresa quella di Nuoro – ma ormai la scelta repubblicana è di una maggiore elasticità che non un tempo. La stessa segreteria politica di Giorgio La Malfa marca qualche maggiore insofferenza e distanza da una DC “pigliatutto”.
     Svolge la relazione il segretario provinciale Franco Turco, assessore al comune di Quartu, ed interviene lo stesso assessore regionale agli Enti locali Giovanni Merella, il quale propone l’istituzione di un ministero delle Regioni e delle autonomie locali, capace di avocare a sé e coordinare tutte le competenze sugli enti locali attualmente gestite dal ministero dell’Interno per mezzo delle prefetture. (12)
     Alla ricerca di uno spazio politico più ampio e solido di quello finora presidiato con le sue sole forze, il PRI punta a promuovere una “federazione democratica” insieme a liberali e radicali, tale da equilibrare con un auspicabile 10 per cento dell’elettorato e delle rappresentanze, in senso riformatore e gradualista, l’area socialista, quella democristiana e quella comunista. A delinearne i contorni è il segretario nazionale che per questo torna in Sardegna al fine di incontrare i dirigenti regionali del partito la mattina del 31 marzo a Cagliari e partecipare a un convegno dell’Associazione delle piccole e medie imprese nel pomeriggio. L’indomani egli si trasferisce a Sassari per una conferenza pubblica e ad Alghero ed un incontro con la militanza del capo di sopra. Sullo sfondo sono le elezioni europee e quelle regionali che, peraltro, impongono al PRI e alle altre forse di minoranza laica, di aggregarsi per superare gli scogli dello sbarramento d’accesso.
     Egli espone il suo progetto anche in due lunghe interviste ai giornali quotidiani isolani, nel corso delle quali tiene anche a marcare differenze e delusioni dall’azione delle giunte Melis che i repubblicani, in modo indiretto all’inizio e diretto poi, hanno e stanno appoggiando. (13)
     Sono questi gli argomenti di strategia politica che Giorgio La Malfa ripropone anche in occasione della visita che il 6 e7 giugno replica nell’Isola impegnata nella preparazione ai due turni elettorali in calendario. Tiene comizi a Cagliari, Nuoro e Sassari. (14)
     Le gare sono fissate per l’11-12 giugno e per 18 successivo. Come già anticipato, e come è nelle necessità del partito, anche stavolta i repubblicani si presentano al voto alleati dei liberali in una formazione detta “Alleanza laica”, ora rinforzata anche da alcuni esponenti radicali (fra essi Isabella Puggioni a Sassari ed Oristano e Patrizio Rovelli, che orienta la sua campagna elettorale contando di recuperare consensi dall’area sardista da lui già battuta in precedenza, a Cagliari). Si punta evidentemente soprattutto alla conferma dei tre seggi in Consiglio regionale ma è auspicio sincero che anche i liberali ottengano un loro risultato, ove sia doppiato il quorum nel collegio di Cagliari. Tanto il PRI quanto il PLI calibrano al meglio le loro quattro liste provinciali, dando rappresentanza a tutti i territori e a tutte le sensibilità presenti nelle due formazioni, convinti di poter spuntare il risultato.
     Questo però è gravemente deludente, e il dato ancor più risalta se si tiene conto della flessione fortissima registrata dalle liste sardiste, che hanno quindi liberato un potenziale che non si è saputo intercettare, a differenza invece dei socialisti che appaiono i veri vincitori del turno. Perché se è vero che, alla fine, i repubblicani confermano i loro tre seggi, lungi dal poterne ottenere un quarto per i liberali, è pur vero che in termini assoluti il listone perde, a livello regionale, ben 15mila voti rispetto al 1984, raccogliendo 40.424 suffragi e sfiorando il 4 per cento, a fronte dei 53.919 e del 5,4 per cento di cinque anni prima.
     La flessione è marcatissima sia nel collegio di Cagliari (meno 9mila voti) che in quello di Sassari (meno 5mila), ma fortemente penalizzata è anche la lista oristanese (meno meno 1.600 voti circa); soltanto a Nuoro si riesce a mantenere e perfino rafforzare leggermente le posizioni con la miglior percentuale del 4,9.
     Franano soprattutto i grandi centri, come Cagliari (7.144 voti a fronte del 14mila circa del 1984 e dei 16mila circa delle politiche 1987) e come Sassari (3.379 voti contro i 5.500 circa del 1984 e i 6.500 delle politiche 1987): dimezzati i consensi a Sorso – una delle tradizionali roccaforti del capo di sopra –, idem ad Alghero e Olbia ed anche Oristano (dal 6,7 per cento al 3,8). Come detto in controtendenza si pone soltanto Nuoro, ed anche Nuoro città che, grazie al successo personale dell’ex sindaco Annico Pau, difende una percentuale del 7,7.
     Va soggiunto che in contemporanea si svolgono, in alcuni centri dell’Isola, le votazioni anche per il rinnovo delle amministrazioni locali. Così ad Alghero, dove la lista PRI-PLI (detta “Laici insieme”) mette insieme un 7,3 percento confermando i precedenti tre seggi.
     Difficile dire quanto il generale crollo elettorale sia da attribuire alla componente repubblicana e quanto a quella liberale rinforzata anche dall’anima radicale. Le classifiche evidenziano come alle spalle del solo eletto (repubblicano) si piazzino, nel maggior collegio di Cagliari, un altro repubblicano (Franco Turco con 2.746 preferenze e Gavino Deiosso a seguire) e ben quattro liberali: Lucio Lecis Cocco Ortu, Filippo Pirisi, Pierpaolo Vargiu, Sergio Del Giacco. Ragguardevoli alcune performance di candidati repubblicani un tempo inquadrati fra gli “amici di Corona”: Alberto Siddi e Ignazio Podda. Nel collegio di Sassari la piazza d’onore è appannaggio del maddalenino Franco Del Giudice ed in quello di Nuoro, come detto, dell’ex sindaco Pau. Buone comunque le performance personali dei tre eletti: Tarquini, Merella e Catte vengono rieletti rispettivamente con 5.628, 3.026 e 3.684 preferenze nei collegi di Cagliari, Sassari e Nuoro. (15)
     Sulla stessa falsariga, una settimana dopo, i risultati delle europee. La lista PRI-PLI-Federalisti raccoglie 19.601 voti, contro i quasi 22mila del 1984, la percentuale è del 2,1. La flessione è equamente ripartita fra i tre collegi del centro-sud isolano, mentre soltanto quello di Sassari conferma le posizioni precedenti. l due candidati sardi (sui nove della lista) si piazzano a mezza classifica: Giovanni Merella con 2.136 preferenze, Aniello Macciotta con 1.406. (16)
     Consumatasi l’esperienza della presidenza sardista della Regione (l’on. Melis viene eletto all’euroParlamento), la X legislatura si connota per un recupero dell’alleanza tradizionale di centro-sinistra, naturalmente con i soliti travagli dei partiti che cercano – tanto più nel confronto DC-PSI – un punto di equilibrio nella preminente gestione del potere. Si susseguiranno tre giunte: la prima a presidenza democristiana, le altre due a presidenza socialista. La compensazione fra i due partiti che si avvicendano nella guida dell’esecutivo è data dalla presidenza dell’Assemblea: così quando toccherà (nel dicembre 1991) ad Antonello Cabras di rilevare la presidenza della giunta da Mario Floris, questi rileverà l’altra presidenza dal socialista Salvatorangelo Mereu.
     I repubblicani partecipano a tutti e tre gli esecutivi quadripartiti: al primo (settembre 1989-ottobre 1991)con Antonio Catte, titolare dell’Agricoltura e foreste; al secondo (dicembre 1991-ottobre 1992) con Giovanni Merella, alla guida dello stesso assessorato; al terzo (novembre 1992-giugno 1994) nuovamente con Catte, passato però all’Industria.
     In tale contesto è da rilevare che, se pure il nome che il gruppo consiliare repubblicano abbia ufficializzato come “Laico-Federalista” la propria denominazione, quando si tratta di assumere incarichi politico-istituzionali il PRI rivendica a sé ogni diritto. Prospettandosi pertanto la nascita della giunta Floris nella tarda estate 1989, ecco perciò che i liberali – dapprima per voce di Lucio Lecis Cocco-Ortu, quindi di Filippo Pirisi – lamentano la loro esclusione, nonostante sia evidente il concorso del PLI alla affermazione (invero modesta) della lista. (17)
     Il passaggio dalla coalizione di sinistra a presidenza sardista a quella di centro-sinistra a guida democristiana è sofferto dal PRI tutt’intero, e più ancora dai consiglieri Tarquini e Merella che non nascondono le proprie perplessità. «La coalizione – dichiara quest’ultimo – non nasce da un accordo politico di largo respiro e da un progetto strategico, bensì come scelta di necessità». La prospettiva cui guarda Merella è quello della alternativa alla DC, ma realisticamente egli prende atto che la disponibilità dichiarata dai socialisti a condividere la gestione del potere principalmente con i democristiani priva di mezzi importanti di negoziazione i laici. (18)
     Il 1990 è un anno che registra, fra gli eventi politici più significativi, il rinnovo delle amministrazioni locali. Per il resto, la segreteria Tarquini gestisce la “non belligeranza”, seppure il partito non riesca a distinguersi in alcun modo per iniziativa politica. Nel gruppo consiliare i rapporti di forza fra i tre componenti si declinano nella alternanza agli incarichi assessoriali.
     Fra le iniziative promosse a ridosso dell’avvio della campagna elettorale è, il 27 aprile, un convegno sulle piccole e medie imprese, cui partecipa il ministro dell’Industria Adolfo Battaglia, a Cagliari anche per la inaugurazione della Fiera Internazionale.
     Svoltosi nel salone delle conferenze dell’hotel Mediterraneo, l’incontro pensato come appuntamento della agenda di partito si apre alla partecipazione di esponenti della imprenditoria isolana e del sindacato confederale. (19)
     Salta invece, per una improvvisa indisponibilità del segretario nazionale La Malfa, che avrebbe dovuto presiederla, la conferenza programmatica fissata per il 7 ed 8 aprile e dettagliatamente preparata onde dar spazio alle migliori competenze presenti nel partito e meritevoli di miglior tribuna.
     Circa il turno del 4 maggio è da segnalare intanto la mancata riproposizione dell’alleanza laica dopo la sfortunata conclusione (per i liberali, vistisi esclusi sia dal Consiglio che, con un tecnico, dalla giunta). Ripresa ogni partito la propria libertà, i repubblicani realizzano, forse inaspettatamente, un ottimo risultato complessivo, ma anche equamente distribuito nei territori, alle provinciali: alle liste del partito vanno 40.035 voti, contro i neppure 30miladel 1985. Confermata la consistenza di seggi, uno per provincia. Sono eletti Ignazio Podda a Cagliari, Raffaele Peralta a Oristano, Luigi Mastio a Nuoro e Franco Del Giudice (ex sindaco di La Maddalena) a Sassari.
     Nelle città capoluogo si consolidano le posizioni soprattutto a Cagliari, dove vengono eletti Franco Latti e Benito Orgiana (mentre per pochi voti perde il seggio, che avrà nel 1992, alle dimissioni di Orgiana divenuto deputato, Salvatore Pomata), Gianfilippo Uda a Oristano, Annico Pau e Nello Marletta a Nuoro, Stefano Perrone, Franco De Franceschi e Toni Murgia a Sassari. (20)
     Il 15-16 e 17 febbraio 1991, anche stavolta con un rinvio di circa un mese rispetto alle date già fissate per il 18-19 e 20 gennaio 1991 si tiene presso l’hotel Setar di Quartu il XX congresso regionale del partito. Esso rappresenta un altro passaggio importante nella vicenda secolare dei repubblicani nell’Isola, quasi a chiusura del suo ciclo: perché, dopo quattro anni di segreteria, Achille Tarquini passa la mano a Giovanni Merella. Sono entrambi ancora consiglieri regionali, rieletti nel 1989, ma mentre Tarquini sembra ormai contare o misurare il tempo che lo separa dal ritiro definitivo dalla vita politica assai poco gratificante per un professionista del suo livello, per Merella è diverso: egli è nato politico, si mostra pago dell’impegno pubblico, così nel partito come nell’istituzione dell’autonomia, ha consapevolezza di essere ormai l’uomo forte, o l’asso pigliatutto, non soltanto elettoralmente ma anche nella gestione del potere.
     Già assessore nella terza giunta Melis e candidato al bis nel primo centro-sinistra di Antonello Cabras (da dicembre 1991 a ottobre 1992) egli “controllerebbe”, a detta della stampa, il 40 per cento della militanza e concorderebbe con l’ala cagliaritana a guida Orgiana (ora assessore comunale a Cagliari) e Turco, del peso supposto di un altro 35 per cento, e forse anche con la componente capitanata dall’assessore all’Agricoltura Catte le scelte gestionali del partito. Sennonché riserve e opposizioni sarebbero nell’ultima ora emerse da una cordata denominata “amici di Tarquini” e guidata da Bruno Fadda, tesa ad ottenere una soluzione unitaria e prospettato un recupero di leadership dell’uscente.
     Contrasti interni sarebbero emersi nei reciproci condizionamenti fra le correnti, ad esempio sul tetto delle due legislature, azzardando soltanto in prospettiva un’intesa preferenziale a sinistra (così dal gruppo, consolidatosi ormai da quattro anni, Merella-Pau), ma nel breve-medio periodo confermando lealtà alla maggioranza formatasi nella presente legislatura.
     E’ però il congresso delle 65 sezioni sparse nelle quattro province isolane, il congresso dei 190 delegati per i circa 2.000 iscritti dell’ultimo censimento, che deve trattare queste materie alla presenza del segretario nazionale La Malfa, e sotto la presidenza di Bruno Fadda. Tarquini, con quel tanto di distacco e signorilità che lo caratterizza e lo distingue dalla passionalità (un mix di generosità e… legittima spregiudicatezza) di Merella, traccia le linee della sua riflessione: egli prospetta una misura di equilibrio nella relazione con tutti gli altri protagonisti della scena politica isolana, dai democristiani che pur definisce «inaffidabili» nei patti di governo, alla sinistra già comunista ora in formula PDS (dal febbraio dello stesso 1991), agli stessi sardisti misurati nelle rivendicazioni di statualità che non sono e non possono essere nell’agenda delle altre forze politiche che credono alla unità costituzionale della Repubblica.
     Una maggiore sintonia ideale egli la riscontra con le forze della sinistra moderata e con i socialisti, con cui i repubblicani potrebbero sviluppare un fruttuoso cammino, per il bene della Sardegna, ove «il cancro della voglia di assessorato» non obnubili la mente di nessuno, e tanto meno dei repubblicani, che pur qualche debolezza in proposito – lamenta – l’hanno mostrata.
     Ascoltano queste parole gli esponenti dei diversi partiti: con Ladu della DC c’è anche il presidente della giunta Mario Floris (il quale rinnova, con la sua presenza, il garbo che al PRI mostrò anche il presidente Melis, in visita al congresso del 1987); dopo il segretario democristiano un saluto lo portano anche Salvatore Cherchi del PDS, Giovanni Nonne del PSI, Augusto Onnis del PSDI, Efisio Pilleri del PSd’A. Manca un rappresentante liberale, l’alleato del 1984 e del 1989, e la cosa suona polemica e forse stonata. (Sul punto può essere d’interesse una testimonianza chiarificatrice resa dallo stesso segretario in sede congressuale, in ribattuta a Turco che era sembrato spingere per una rappacificazione con il PLI: «Quando decidemmo di dar vita a liste comuni ci impegnammo perché l’eventuale primo dei non eletti liberale potesse alternarsi in Consiglio regionale. Ma fu proprio Turco, che con un colpo di reni si dimise della presidenza del comitato elettorale e si candidò, a diventare il primo dei non eletti occupando la posizione sulla carta riservata a un esponente liberale»).
     Le sottolineature del segretario repubblicano riguardano soprattutto un certo diffuso costume pubblico ormai scaduto: occupazione del potere, clientelismo e anche tangenti. Dice apertamente di sperare in un PRI capace di tornare alle sue origini lamalfiane, fedele alle istituzioni e intransigente nell’etica pubblica. E se dice di apprezzare, insieme con il lavoro dell’assessore all’Agricoltura Catte, anche quello trascorso agli Enti locali e Urbanistica dal collega Merella, non manca di evidenziare l’urgenza di una legislazione capace di fermare «il saccheggio delle coste».
     Circa le alleanze, Tarquini si dice propenso al quadro di centro-sinistra, che ha in Catte, membro di giunta, uno scontato difensore, al pari di Fadda, Marini e Latti... Ma non sembra la “grande politica”, quella di scenario e di obiettivi ultimi, negli interessi dei diversi oratori che, dopo il segretario, si succedono alla tribuna, bensì ancora il generale assetto interno del partito e la leadership. E’ una conferma della debolezza repubblicana degli ultimi anni, la certificazione dei suoi ritardi verso le necessità ed urgenze della politica con la “p” maiuscola, si direbbe anche dei suoi ritardi rispetto ai dati parametrali della sua storia.
     Di scienza politica e idealità storiche che pur dovrebbero essere avvertite nella loro rinnovata attualità parlano forse soltanto Alberto Tasca e il segretario della FGR Massimiliano Messina, per il quale ultimo occorre rinvigorire il movimento repubblicano, disegnandone un profilo nuovo e avanzato, in dialettica con quanto di meglio ancora permane del radicalismo e del sardismo, in un’area laica cui partecipino anche il socialismo riformista e il liberalismo.
     Di un certo interesse l’accenno critico di Catte alla politica agricola della CEE, da combattere unendo le forze della Regione e del governo nazionale. (21)
     In direzione i 31 membri della nuova direzione sono assegnati col bilancino: 13 al gruppo Merella-Pau, 10 a quello Orgiana-Turco, 8 ai residuali amici di Tarquini e Catte.
     Al primo gruppo danno i loro nomi (in ordine di preferenze) Angelino Olmeo, Pinuccio Pompili, Annico Pau, Giuseppe Losito, Dino Lumbau, Giacomo Mannoni, Raniero Selva, Pierluigi Barigazzi, Tommaso Pirina, Pietro Tronci, Toni Murgia, Michele Bandiera. Al secondo: Benito Orgiana, Roberto Farci, Franco Turco, Paolo Sardo, Piergiorgio Massidda, Nino Ena, Augusto Fadda, Giorgio Pipia, Giovanni Serra, Ignazio Podda e Mario Pinna. Al terzo: Ettore Marletta, Antonio Catte, Franco Latti, Giovanni Soru, Pietro Tegas, Giorgio Bardanzellu, Bruno Fadda e Dario Angius (mix di provenienze nuoresi, cagliaritane ed olbiesi).
     Per quel che vale, certo è intrigante la lettura delle conclusioni congressuali, e in specie dello scrutinio elettorale, proposta dal giornalista de ”L’Unione Sarda” Giancarlo Ghirra: «Clamorosa è stata la bocciatura dell’ex sindaco della Maddalena Franco Del Giudice, unico oratore che aveva proposto dal palco Merella alla segreteria. Inatteso lo scarso successo dell’assessore Catte che non è stato il più votato dei suoi. Sorprendente anche la collocazione di Franco Turco, giunto terzo nella sua lista, preceduto da Benito Orgiana ma anche dal consigliere comunale di Quartu Roberto Farci». (22)
     Durissimo il commento de “La Nuova Sardegna” del 17 febbraio 1991, a firma di Filippo Peretti e titolato “Ma dov’è finito il partito delle idee?”. Eccone alcuni stralci: «Il cosiddetto partito delle idee e della questione morale parla ormai quasi esclusivamente di “poltrone” e di potere, si divide sulle carriere, discute poco di politica e di rigore. Non sembra, davvero, un congresso del PRI. Non si vuole mitizzare il passato: è opportuno ricordare che spesso dietro il verde e pulito simbolo dell’edera si sono nascosti gruppi di affari che questa piccola ma agguerrita formazione laica è stata utilizzata anche per secondi fini, che di Ugo La Malfa sono state sempre citate le parole ma raramente è stato seguito l’esempio». Ridotto ad essere un “partito delle tessere” incapace di «nobilitare la sua azione con impulsi positivi e suggerimenti costruttivi» – scrive Peretti – adesso è rimasto solo un «partito uguale a tanti altri ma con minor peso rispetto ad altri perché non ha alcuna possibilità, data la limitatezza numerica, di condizionare le altre forze, gli schieramenti, la politica».
     Dopo Salvatore Ghirra, che nel giudizio dell’articolista, s’era impegnato a rinvigorire trasparenza e questione morale, soccombendo però al “partito degli assessori”, parrebbe fallito anche il tentativo di Achille Tarquini: «Dopo tre anni ha deciso di lasciare perché, ha spiegato, ogni sforzo è stato vano, perché anche nel PRI si pensa solo al potere».
     Conclusione: «Oggi si apre una nuova pagina. Se l’appello lanciato ieri al congresso dal movimento giovanile non dovesse essere colto, a farne le spese non sarebbe solo il PRI ma tutta la politica sarda».
     Di segno opposto, ovviamente, il giudizio di uno dei protagonisti vincitori del congresso, Annico Pau che in una dichiarazione ripresa da “L’Unione Sarda” del 21 febbraio sostiene come non vi sia stata «alcuna rissa, ma normale dialettica con differenziazioni sulle alleanze, presenti e future, e sulle strategie nella presenza dei repubblicani in Sardegna». L’impossibilità di pervenire ad un unanimismo che sarebbe stato soltanto «di facciata» – aggiunge Pau – «non ha consentito di dare risposte ai suggerimenti del segretario nazionale. La discussione ha dato validi spunti programmatici, la cui sintesi verrà fatta dalla nuova segreteria, che dovrà concentrare gli sforzi a fare chiarezza sulle linee di sviluppo della Sardegna e delle zone interne, lasciando ad altri i discorsi finalizzati a lotte di potere».
     Il dibattito sulla effettività o meno del “partito degli assessorati”continua anche dopo il congresso, mentre la nuova dirigenza tarda a trovare un segretario. Infatti, eletto segretario con 19 voti contro otto astenuti, Giovanni Merella non accetta la carica. Così la spiega ai cronisti: «C’è un dibattito all’interno del partito ed è bene che questo dibattito non venga interrotto, che prosegua, che si chiariscano i punti della linea politica da seguire in futuro e vengano fissati anche i punti dei rapporti interni che sono già a un ottimo punto di chiarimento». Sostiene che i rapporti interni «sono ottimi» e che l’obiettivo da lui perseguito è quello di «costituire una reale unità tra tutti i repubblicani sardi».
     Si ipotizza una segreteria Turco, ma a sostegno di una segreteria Merella si è in ultimo schierato anche l’assessore Catte, tradizionale “competitore” dello stesso collega. (23)
     Finalmente l’opera di rammendo dà risultato e la direzione regionale riunitasi nuovamente ad Oristano venerdì 12 aprile riesce ad esprimersi alla unanimità a favore di Merella, che finalmente accetta. Con la sua segreteria viene eletto il nuovo esecutivo composto da Dario Angius, Franco Turco, Annico Pau, Giovanni Soru, Paolo Sardo, Benito Orgiana e Toni Murgia. (24)
     Un grave lutto colpisce il partito nei giorni di più acute tensioni postcongressuali. Il 22 marzo scompare l’on. Giuseppe Puligheddu. Per quanto ormai avanti con l’età e ritrattosi da qualche anno dalla attività politica, la sua scomparsa suscita dolore autentico nei molti che, pur anche avversari, lo hanno frequentato. Nel 1982 aveva subito addirittura un sequestro di persona, protrattosi per varie settimane, e che aveva lasciato il segno. (25)
     A giugno una importante presa di posizione del neosegretario Merella, nella forma di una lettera al presidente della giunta Mario Floris, viene diffusa alle agenzie. Essendo l’esecutivo alla vigilia della scelta dei vertici della sanità pubblica, egli chiede il rispetto degli identikit di professionalità, oltreché di moralità, tante volte espressi: «Premettendo che è rimasto tuttora invariato il disposto legislativo che obbligava la Regione a ridisegnare i perimetri delle USL esistenti per portare il loro numero da 22 a dieci, mi corre l’obbligo di richiamare l’autorevole operato della Giunta, nel momento della indicazione dei nominativi da proporre all’amministrazione straordinaria delle USL, ad attenersi ad oggettivi ed opportuni criteri come si evincono dalla lettura delle disposizioni legislative». (26)
     Nonostante gli orientamenti emersi, Merella sostituisce Catte quando gli accordi fra DC e PSI producono l’avvicendamento alla testa sia della giunta che del Consiglio. Il nuovo quadripartito a presidenza Cabras vede il consigliere sassarese subentrare nello stesso assessorato all’Agricoltura e foreste affidato al collega per oltre due anni.
     Il 5 aprile 1992 si vota per rinnovare le Camere. La rottura del patto laico consumatasi nel 1989 si conferma pienamente tre anni dopo, soprattutto nelle candidature per il Senato. Il risultato dei candidati nei sei collegi senatoriali è in linea sostanziale con le attese. I voti raccolti sono espressione o fedeltà al simbolo o di stima personale per il candidato, senza aspettative di vittoria.
     Assai diverso è il discorso per le elezioni alla Camera, perché diversi indicatori demoscopici fanno ipotizzare come realistico il raggiungimento del quorum. Si ripropongono alcuni candidati “forti”, ciascuno nel suo territorio provinciale, proprio nella convinzione che una elezione sia, questa volta, possibile. Il discorso vale soprattutto per Benito Orgiana, capogruppo al Consiglio comunale di Cagliari, per Salvator Angelo Razzu, consigliere provinciale di Sassari e capogruppo al Comune di Sorso, per Pietro Catte, fratello del consigliere Antonio Catte, medico ad Oliena. Ma in lista figurano personalità che non risultano appartenere strettamente alla storia repubblicana, come Felice Floris, leader del Movimento Pastori Sardi, e Benito Urgu, attore e cabarettista.
     In un quadro di arretramento generale della DC, del PDS e dei sardisti a fronte di una buona rimonta socialista, il risultato complessivo dà ragione delle attese: modesto per il Senato (26.555 voti a livello regionale, per una percentuale del 3,1), addirittura 54.353 voti, pari al 5,2 per cento, per la Camera. Le percentuali sono anche questa volta tendenzialmente livellate nei quattro collegi provinciali: 4,9 a Cagliari, 2,6 d Oristano, 6,3 a Nuoro, 6,2 a Sassari. Nei capoluoghi, ancora una volta, i risultati migliori: 6,6 per cento a Cagliari, 10,5 a Nuoro, 3,9 ad Oristano, 6,4 ad Oristano. Oltre le seimila sono le preferenze appannaggio di Salvator Angelo Razzu – che in un primo momento viene dato per eletto deputato – e di Benito Orgiana, quasi cinquemila quelle di Catte ed oltre le quattromila quelle di Felice Floris. Seguono Annico Pau e Franco Latti, con ottime performance anch’essi. (27)
     Verifiche successive rettificheranno i risultati personali di Razzu e Orgiana assegnando a quest’ultimo il seggio conquistato per la prima volta nella sua storia dal PRI. (28)
     A novembre la giunta Cabras deve rigenerarsi in adempimento della legge regionale 27 agosto 1992 che stabilisce che l’ufficio di assessore sia incompatibile con quello di consigliere regionale. Merella dunque ripassa la mano ad Antonio Catte che accetta di dimettersi dal Consiglio, dove gli subentra Annico Pau.
     La nuova formazione dell’esecutivo vede il rappresentante repubblicano transitare però dall’Agricoltura e foreste all’Industria.
     La linea di Merella è di riserva su tale scelta e, nell’occasione, egli propone un ripensamento più generale circa gli indirizzi politici e la natura stessa del partito. Ciò tanto più in un momento che sembra gravido di complicazioni per il sistema partitico italiano, data Tangentopoli e l’emergenza governativa (è agli sgoccioli il gabinetto Amato che non comprende i repubblicani ed è alle viste il governo tecnico di Carlo Azeglio Ciampi che chiuderà la lunga stagione della cosiddetta prima Repubblica), per non dire della crescita del consenso leghista e della montante disaffezione dei cittadini dalle stesse istituzioni rappresentative. La conclusione è che egli decide di lasciare la segreteria.
     A lui subentra, eletto dalla direzione riunitasi ad Oristano il 10 marzo 1993, proprio Annico Pau – il maggiore fra i suoi sodali –, il cui orientamento pare da subito considerare come… niente ormai possa essere come prima. (29)
     A suo parere – com’è espresso nelle prime dichiarazioni alla stampa e nelle riunioni interne della dirigenza – la forma partito come è stata finora intesa non ha futuro, si tratta di lavorare per nuove aggregazioni ancorate, più che alle ideologie tradizionali, a scelte programmatiche di fondo che soltanto un sano pragmatismo può consigliare. In tale contesto, dopo le rivoluzioni non soltanto nominalistiche di comunisti-PDS e democristiani-PPI e dopo la crisi rovinosa che s’annuncia dell’area socialista per le accuse rivolte a Craxi, una speranza di rilancio di un’area riformista/riformatrice sembra costituita, a suo avviso, dalla nuova formazione di Alleanza Democratica. Scaturita in Sardegna dai dibattiti e dalle iniziative del Movimento per le riforme, di cui sono stati maggiori esponenti i referendari di Mario Segni (già democristiani, come Fantola) e uomini del PDS (come Pier Sandro Scano, vicepresidente del Consiglio regionale), ma anche del PRI, pur a titolo personale, come Salvatore Ghirra, Alleanza Democratica prende forma concreta nell’estate 1993. Ad esso partecipano, con la componente referendaria, il Partito Popolare d’incerto futuro in quanto tale e, appunto, il Partito Repubblicano Italiano anch’esso inchiodato, con qualche suo esponente di vertice, in imprese non commendevoli, e complessivamente incapace, sembra, di orientare la propria tradizione verso il nuovo. Anche perché il nuovo sembrerebbe avere il proprio baricentro in uomini di cultura molto diversa da quella laica e repubblicana. (30)
     A parte un affollato convegno sulla pastorizia e, in generale, le problematiche della campagna, organizzato a Fonni dal partito e copresieduto dal nuovo segretario regionale e da Merella in quanto capogruppo in Consiglio – sede di confronto acceso, di accuse e controaccuse (anche contro i repubblicani) in ordine alla gestione delle risorse finanziarie regionali a favore del comparto agricolo nell’ultimo decennio –, i primi mesi della segreteria Pau si consumano negli affanni di trovare al PRI sardo una nuova collocazione politica. (31)
     Partono i consiglieri Merella e Tarquini i quali, con il collega Pau ed il deputato Benito Orgiana, diffondono il 16 luglio una nota in cui sostengono essere «necessario e urgente concorrere in Sardegna, assieme ai rappresentanti delle diverse matrici, alla definizione della nuova federazione politica progressista e democratica». Al momento non è alle viste la cessazione della forma-partito ma semmai una formula federativa fra componenti ideologicamente diverse ed autonome, a livello regionale come a livello nazionale: nell’Isola raccogliendo l’adesione di «tutti i democratici e gli autonomisti che vogliono collaborare alla prospettiva di un governo di ricostruzione economica e morale».
     Pochi mesi però e AD è già in crisi. Segni lascia, con i suoi Popolari per la riforma, dando vita al cosiddetto Patto a se stesso intestato. Alleanza Democratica ora s’identifica quasi soltanto nei repubblicani e pare chiaro che, dati tali nuovi termini, non si tratta di un’esperienza capace di durare.
     Domenica 10 ottobre è a Cagliari Giorgio Bogi, nuovo segretario nazionale subentrato a Giorgio La Malfa, del quale è stato a lungo vice. Egli incontra i militanti in una sala dell’hotel Mediterraneo. Apre i lavori Annico Pau: «Scopo della manifestazione è la ricerca di un futuro politico per il Paese, per la Sardegna e per gli stessi repubblicani nell’Isola – afferma –. Bisogna infatti fare il punto sulla caratterizzazione programmatica di un partito fortemente autonomista aperto al confronto in previsione delle future alleanze». Che è come confessare lo stato di crisi profonda, identitaria e prospettica, del PRI isolano.
     La relazione del segretario regionale è impegnativa, appassionata ed in alcuni momenti – nella consapevolezza delle difficoltà forse insormontabili e anche delle incomprensioni che egli avverte attorno a sé – commossa. Eccone alcuni stralci particolarmente significativi: «il Partito Repubblicano non ha inteso né nel passato, né oggi, né io spero nel futuro, di ammainare le proprie bandiere… dunque nessun atto di confluenza verso altre forze politiche, in alleanze sì, non confluenza ma federazione»; «Alleanza Democratica non è un nuovo partito politico, è una federazione di partiti, di gruppi, di idee, e in questo quadro il Consiglio Nazionale del Partito Repubblicano aveva impegnato la propria Direzione, della quale è reggente la Segreteria, di concorrere con modalità operative assieme ai rappresentanti delle diverse parti politiche, alla definizione di una nuova Federazione Politica Democratica»; «Qui in Sardegna questo tipo di federazione rimane ancora più attuale nel momento in cui alcuni temi che sono all’attenzione del grosso pubblico, quale l’elezione diretta del presidente del Consiglio, a livello nazionale trovano qualche perplessità… mentre in Sardegna il Consiglio regionale, che probabilmente non lavora molto, ma alcuni punti basilari di riforma del modo di essere riesce ogni tanto a farli, … ha approvato a larga maggioranza la norma sul’elezione del presidente della giunta a suffragio diretto, quindi senza intermediazioni».
     Apprezzata la riduzione da 80 a 60 del numero dei consiglieri regionali – ciò che al dunque però non si realizzerà, e i numeri anzi andranno a crescere non a diminuire! – ed anche la costituzione di una commissione per la riforma dello Statuto, lamenta comunque la persistenza di quegli impacci propri della deleteria partitocrazia che fanno della difficoltà di scegliere il presidente di quella commissione elemento ostativo assoluto all’attività della stessa. Dice: «il Consiglio non riesce ad operare perché le forze politiche non sempre riescono, non solo a trovare la novità, ma a trovare forme e modi di espressione della volontà che proviene dalla cosiddetta società civile». E ancora: «la legislatura sta per terminare, probabilmente non ci sono più i tempi, ma esaminare in questa Isola la nostra vecchia autonomia speciale, la nostra vecchia Regione e prendere atto di certi suoi strumenti che sono ormai inservibili, questo presuppone un radicale cambiamento del sistema partitocratico e con esso un ricambio della classe politica che di fatto si oppone alla modifica di questo sistema».
     Porta al riguardo un esempio: «L’altro giorno è stata approvata la legge sulla cultura, quindi in particolare sulla lingua sarda…, una legge importante che probabilmente andava più affinata, e probabilmente sarebbe andata meglio se non ci fossero stati all’interno alcuni carrozzoni dai quali è difficile far sgombrare il campo; questa legge è passata a scrutinio segreto 28 voti a 25; poi una volta approvata la legge, c’erano circa cinquanta consiglieri che applaudivano, almeno 22 di questi bluffavano e questo io lo segnalo per dire che, a parole, tutti siamo per le riforme, poi niente si fa per modificare questo stato di cose».
     Sostiene, Pau, l’esigenza di un coinvolgimento dell’intero partito sulla strategia delle riforma istituzionali, anche attraverso la convocazione di specifici seminari in cui le competenze facciano sentire la loro voce: «le nuove leggi elettorali presuppongono l’obiettivo di dare luogo a nuove formazioni politiche: si può rimanere nell’isolamento dorato, ma ormai gli isolamenti dorati portano a nessuna produttività: ecco da dove nasce l’idea di Alleanza Democratica… Noi vorremmo superare i logori schemi di unità delle sinistre ideologiche e i fantomatici poli di centro soltanto elettorali, senza che a questi segua un forte e consistente dibattito programmatico. Noi chiediamo, in questo campo, piena autonomia di giudizio, intendiamo portare il nostro fondamentale apporto alla costruzione di questa nuova aggregazione che nella nostra Isola, al di là di quello che sta succedendo nel resto del Paese, rifiorisce ancora di peculiarità di grande interesse».
     Egli allude al Movimento dei Popolari per le Riforme, al Patto per la Sardegna, al Patto degli Onesti, e ribadisce: «Noi siamo poco interessati ad aggregazioni che riuniscano solo cartelli di tipo ideologico, ma siamo molto interessati a cartelli che abbiano forti caratterizzazioni programmatiche». Ecco il “luogo politico” di possibile convergenza per il PRI: «non una forza organizzata, come probabilmente non sarà neanche in futuro», una forza cioè basata su funzionari stipendiati che tengano i collegamenti fra la militanza dei vari territori e la dirigenza. «Questo – sostiene Pau – non è mai stato nel nostro costume, anzi io spero che non entri mai nel nostro costume: se noi riuscissimo anche ad avere la migliore organizzazione in questo modo e non riuscissimo a fare azione politica a tutti i livelli, questo sarebbe inutile: l’azione politica, quella sì che deve essere fatta dai nostri rappresentanti».
     Il segretario chiede il contributo di idee e la partecipazione di tutti; data anche la particolarità del momento, dice di non voler orientare gli amici, ma di volerli lasciare tutti liberi di offrire analisi e giudizi responsabili, perché – afferma – i dirigenti del partito hanno il dovere di ascoltare in tutta la sua ampiezza e ricchezza l’opinione della militanza, e il partito in quanto tale è consapevole come sia proprio dalla varietà, incanalata però in uno spirito di affezione, che possa derivare il presente e il futuro del PRI. «Vedrete – soggiunge – che il Partito Repubblicano, così com’è ora, non scomparirà dalla faccia politica di questa Isola, e quest’assemblea diventerà un incontro di rifondazione del partito in termini non burocratici, con una separatezza fra dirigenti e base».
     Conclude: «Un mese fa sono stato nominato commissario di questo partito. Avrò la funzione – e questo farò – di organizzare democraticamente i congressi; questo ritengo che possa essere fatto in termini compatibili almeno di tempo e che verrà fatto nei prossimi mesi; occorre affrontare alcune scadenze elettorali ma soprattutto di impegno in Consiglio regionale e a tutti i livelli». Nell’agenda delle priorità egli mette ancora la riforma istituzionale e quella elettorale, che coinvolge i piani sia nazionale che regionale o locale. E l’elezione diretta del sindaco pare forse quella più urgente perché, scardinando incrostazioni degenerative del sistema dei partiti, può recuperare il rapporto dei cittadini con l’istituzione comunale. (32)
     Il 1993 è l’anno che prepara il nuovo, non necessariamente migliore del vecchio. Per il PRI sardo è come un passaggio di consegne fra generazioni: a febbraio muore Alberto Mario Saba. (33)
     Due mesi dopo la maggiore sezione dell’Isola, quella cagliaritana intitolata a Bruno Josto Anedda, rinnova il suo direttivo che si caratterizza per la giovane età media dei componenti e la presenza di diverse donne. (34)
     Alle elezioni regionali del 1994 se una parte del partito è ormai confluita in Alleanza Democratica, un’altra resiste con l’Edera. E’ il caso di Nuoro. Se Pau è ormai in AD, i repubblicani rimasti nell’antica militanza riprovano a candidarsi come lista di partito: Antonio Catte raccoglie 2.010 voti, la lista però non piazza il consigliere.
     Alle elezioni europee, alle politiche ed alle regionali del 1994 se una parte del PRI è ormai confluita in Alleanza Democratica, un’altra resiste con l’Edera. Ma può dirsi che ormai il Partito Repubblicano Italiano come la storia lo ha formato nel tempo, per idealità e tratto popolare, collocazione nella sinistra aclassista e nell’area più sensibile ai valori laici della patria nata nel risorgimento e tempratasi nella lotta antifascista e per la Repubblica, non esiste più.
     La modifica radicale della legge elettorale nazionale basata sul maggioritario impone scelte di campo anche ideali che una militanza ed un elettorato confluito sì, magari per lunghi anni, nelle sezioni o nelle liste del PRI ma provenienti, e l’una e l’altro, da scuole diverse e forse anche reciprocamente lontane non sanno individuare nettamente. Così mentre una parte ritiene di doversi collocare nella storica area del centro-sinistra, un’altra sposa la proposta di Forza Italia che presenta se stessa come una sorta di riedizione del pentapartito. Tanto alle politiche quanto alle regionali, dunque, diversi esponenti repubblicani sardi (così come avviene nel resto d’Italia) si trovano impegnati nei poli opposti, contando infine poco e nell’uno e nell’altro.
     In estrema sintesi. La lista Edera resiste pienamente soltanto alle elezioni europee. L’isola candida Uccia Agus, Franco Del Giudice ed Augusto Fadda. Il risultato complessivo è di 6.710 voti, pari allo 0,7 per cento (nei quattro collegi provinciali: Cagliari 2.925, Oristano 276, Nuoro 1.795, Sassari 1.723).      Alle regionali il grosso è confuso nelle liste di Alleanza Democratica – che raccoglie infine 23.381 voti pari al 2,2 per cento – e/o ei Progressisti (dov’ candidato Piergiorgio Cadeddu), mentre Forza Italia presenta nel collegio unico regionale Andrea Pirastu (che sarà eletto).
     Nei collegi provinciali il PRI si presenta soltanto a Cagliari (con 18 candidati) ed a Nuoro (con 6, capolista Antonio Catte). Nel primo caso i voti raccolti sono 4.515, pari all’1,1 per cento, nel secondo 3.860 (pari al 2,5 per cento). Ovviamente non è eletto nessuno.
     Nel comune di Cagliari, che prova per la prima volta la nuova legge elettorale amministrativa, gran parte dei repubblicani si trovano nella lista civica La città nuova che propone il prof. Luigi Concas quale sindaco. Gli eletti saranno due: lo stesso professor Concas e Piero Luigi Cossu.

Note

1 – Cf. 18 novembre 1987 (“L’accusa di Ghirra a Merella”). Cf. anche L’Unione Sarda, 19 novembre 1987 (“Ghirra: ‘Non siamo gli sponsor del cemento sulle coste’”).

2 – Cf. del 20 novembre 1987 (“Merella replica al segretario. Ecco cosa gli rimproveriamo”).

3 – Cf. “No al cemento sulle coste? Ghirra ha scoperto l’acqua calda”.

4 – L’Unione Sarda, 19, 20, 21, 27 e 28 novembre, 13 dicembre 1987; La Nuova Sardegna, 20, 21, 27 novembre 1987, 13 dicembre 1987.

5 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 19, 20, 21 e 22 dicembre 1987; La Voce Repubblicana, 22.23 e 27.28 dicembre 1987.

6 – L’Unione Sarda, 21 e 23 dicembre 1987, 6 gennaio 1988.

7 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 10 gennaio 1988. Il quotidiano sassarese ospita anche una breve intervista con il prof Tarquini “Parla Tarquini, il segretario-chirurgo: ‘Il PRI non è affatto un malato grave’”.

8 – La Nuova Sardegna, 9 febbraio 1988.

9 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 20 maggio 1988.

10 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 31 maggio 1988.

11 – L’Unione Sarda, 28 novembre 1988 (“Da sempre ci battiamo contro i cementificatori”).

12 - La Nuova Sardegna, 6 marzo 1989.

13 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 1° aprile 1989.

14 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 7 giugno 1989.

15 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, passim (maggio, giugno 1989). Cf. in particolare gli speciali de L’Unione Sarda, 31 maggio 1989 (“La prima pietra della ‘casa comune’”) e de La Nuova Sardegna, 27 maggio 1989 (“La nuova alleanza laica: ‘Non è solo elettorale’”).A margine della vicenda elettorale è da segnalare una polemica di stampa fra Gianfranco Murtas e Bepi Podda, circa la congruità politica della alleanza fra repubblicani e radicali, contestata dal primo e difesa dal secondo. Cf. L’Unione Sarda, 21 e 26 giugno 1989.

16 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, passim (maggio, giugno 1989).

17 – Scrive Lucio Lecis Cocco Ortu, ex segretario regionale: «Nella qualità di primo dei candidati liberali non eletto al Consiglio regionale, anche interpretando i sentimenti degli altri candidati liberali impegnati per l’affermazione della lista “Liberali, Repubblicani e Federalisti”, ritengo che l’impegno profuso nella battaglia elettorale abbia prodotto oggi, con la costituzione del gruppo laico al Consiglio, il primo significativo risultato. Lo sviluppo parallelo inoltre dei periodici incontri previsti tra il PLI e il PRI al momento della formazione della lista, fa ritenere che la presenza liberale ai più alti livelli della politica regionale, all’interno del raggruppamento laico, verrà concretizzata, e mancando un consigliere di estrazione liberale con una presenza nella nuova Giunta di una personalità liberale che rafforzerà l’alleanza». Cf. L’Unione Sarda, 27 agosto 1989.

Così invece il segretario regionale incarica Pirisi, direttamente rivolto, con una lettera aperta, ai dirigenti repubblicani che hanno indicato in Antonio Catte l’assessore della giunta Floris: «Non avete rispettato i patti, il vostro comportamento di fatto non riconosce pari dignità politica al nostro partito. Abbiamo cercato di concordare con voi patti politici che ci consentissero un ruolo politico, se le votazioni non ci avessero dato un consigliere regionale. e ora qual è la vostra risposta? Ci dite che i patti non prevedevano proprio questo [la partecipazione liberale alla giunta, se i consiglieri fossero stati soltanto del PRI], che è difficile spiegare a chi ha tre consiglieri che non deve esprimere l’assessore. Nello stesso tempo affermate che dobbiamo continuare a collaborare. Per giustificare la negativa esperienza dell’84, diceste che la colpa fu della dirigenza di allora. Non sarà lo stesso anche oggi? Se così fosse, i repubblicani che credono nell’accordo dovrebbero far sentire la loro voce contro una dirigenza che prevarica il loro volere. Simili comportamenti non saranno più accettati, perché la federazione laica non può nascere con annessioni surrettizie».

E’ da dire che in un passaggio polemico del congresso repubblicano del 1991, il segretario repubblicano e consigliere Tarquini, rispondendo a un attacco di Franco Turco, a lui addebitava la impossibilità pratica di aderire alle istanze e rimostranze liberali: perché a fronte della propria disponibilità a dimettersi per far posto al primo dei non eletti ove fosse stato liberale, si opponevano l’imprevista candidatura di Turco, già presidente del comitato elettorale e quindi non candidabile, e l’ottimo suo risultato in termini di preferenze, tale da collocarlo al primo posto dei non eletti, vanificando quindi la possibilità concreta di accesso dell’esponente liberale. Cf. L’Unione Sarda,16 settembre 1989.

La lettera di Pirisi è nel suo testo integrale in Liberali Sardi. Numero speciale sul naufragio dell’alleanza laica, nn. 46-48.

18 – L’Unione Sarda, 14 settembre 1989.

19 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 27 e 28 aprile 1990.

20 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, passim (aprile 1990).

21 – L’Unione Sarda, 8, 15, 16, 17, 18, 19 e 21 febbraio 1991; La Nuova Sardegna, 13, 17, 18, 19 e 21 febbraio 1991.

22 – Ibidem.

23 – L’Unione Sarda, 28 marzo 1991; La Nuova Sardegna, 29 aprile 1991. Gli otto astenuti nella votazione per il segretario sono quelli che pubblicano un appello per il riconoscimento ai liberali dell’assessorato di competenza del PRI. Si scrive: «Con liberali sardi, noi repubblicani abbiamo un debito d’onore: al momento dell’accordo unitario per le elezioni avevamo promesso il cambio di uomini per un assessorato. Ecco, ora è tempo di passare dalle parole ai fatti e onorare quell’impegno». Scrive al riguardo L’Unione Sarda, 28 marzo 1991: «Tony Murgia, dirigente d’azienda, assessore all’edilizia privata al comune di Sassari, ha aggiunto che “il PRI deve far chiarezza al suo interno. La sola dirittura morale di Merella, senza un approfondito dibattito politico e un accordo reale e leale, non basta a rilanciare l’attività dei repubblicani in Sardegna”. Il gruppo degli otto – di cui fanno parte Pietro Tronci (Cagliari), Annico Pau e Nino Mannoni (Nuoro), Angelino Olmeo, Pinuccio Pompili, Giuseppe Losito, Dino Lumbau e Tony Murgia (Sassari) – ritengono comunque che “Giovanni Merella, attuale presidente del gruppo in Consiglio, non possa fare l’assessore. Può fare il segretario solo in presenza di condizioni politiche diverse, non per acclamazione, ma dopo un dibattito che dimostri lealtà interna e un dibattito approfondito sui temi della Sardegna”. E il primo impegno? Rispettare l’accordo col PLI. Chi sarà assessore dopo Antonio Catte?»).

Su L’Unione Sarda, 20 marzo una lettera a firma di Salvatore Ghirra, Lello Puddu, Marcello Tuveri, Alberto Mario Saba e Gianfranco Murtas (“Congresso del PRI tra sconquasso morale e lotte di potere”) critica lo stato del partito che appare aver perduto la sua storica tensione ideale. Risponde alcuni giorni dopo il candidato segretario Merella (“Il dopo-congresso. Ma nel PRI la regola è la coerenza”). Cf. 26 marzo 1991. Su La Nuova Sardegna, 28 marzo 1991 Gianfranco Murtas pubblica una nota molto dura sul nuovo establishment del partito (“Astinenza da sottogoverno”).

24 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 14 aprile 1991.

25 – La Nuova Sardegna, 22 marzo 1991.

26 – L’Unione Sarda, 12 giugno 1991. Sullo stesso giornale esce il 30 giugno una lettera dell’ex assessore comunale di Cagliari Marco Marini (“Trasparenza? Ma nelle USL le nomine sono opache”).

27 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, passim (aprile 1992).

28 – L’Unione Sarda, 10 e 11 aprile 1992.

29 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 11 marzo 1993. Una scheda sul PRI nuorese è in La Nuova Sardegna, 6 maggio 1993 (“Il PRI barbaricino gioca la carta della diversità”).

30 – La Nuova Sardegna, 17 luglio 1993.

31 – La Nuova Sardegna, 25 e 29 giugno 1993.

32 – L’Unione Sarda, 5 e 11 ottobre 1993 (“PRI sardo, e ‘AD’ diventa ‘ET””); La Nuova Sardegna, 8 ottobre 1993. Il testo della relazione del segretario Pau è in Repertorio.

33 – L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, 24 febbraio 1993.

34 – Si tratta di Piero Cossu, Rosa Saba, Massimo Deiana, Francesco Pilia, Stefano Angioni, Mauro Meloni, Giovanni Serra, Rita Grauso, Giorgio Ligas, Luca Mocci, Rosabianca Cadeddu, Salvatore Cruccas, Pietro Atzori, Maurizio Boaretto, Beatrice Venturi.

Gianfranco Murtas - 24/01/2016



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