SA REPUBBLICA SARDA 9-12 dicembre 1986 

Salvatore Ghirra ha detto a Sa Repubblica di aver chiesto

 la discussione sui contenuti programmatici

I REPUBBLICANI NON ACCETTANO “NORME”

Si potrebbe verificare un rimpasto

 

A giorni inizieremo la verifica per estrapolare un programma di fine legislatura. Pur non stravolgendo il quadro politico si potrebbe verificare un rimpasto nella Giunta ed un avvicendamento alla stessa Presidenza della Giunta. Nulla si può escludere a priori anche se tale verifica non è finalizzata a questi obiettivi.

Salvatore Ghirra

segretario regionale

del PRI

 

La prima domanda e d’obbligo: qual’è il giudizio del PRI sulla Giunta Melis?

     Per rispondere a questa domanda occorre ricordare i motivi che hanno spinto il PRI a far parte di questa maggioranza e a essere presente in Giunta con un assessore tecnico. Noi abbiamo aderito su una base essenzialmente programmatica. I motivi dunque si possono riassumere in questi punti:

1. La riforma della Regione.

2. La moralizzazione della vita pubblica.

3. Il piano straordinario per l’occupazione, come elemento centrale.

4. La democratizzazione degli Enti regionali.

5. La revisione della legge elettorale.

Ecco, a differenza di alcune forze politiche che hanno visto il mutamento nell’alternativa di governo che ha mandato la DC all’opposizione, noi repubblicani abbiamo individuato il rinnovamento, il funzionamento nuovo della ”macchina-Regione” in questi punti programmatici. Ma adesso c’è la valutazione del programma, che cosa cioè è stato attuato. Noi a più riprese abbiamo manifestato una certa insoddisfazione nei confronti dell’operatività della Giunta e della stessa maggioranza, perché i punti programmatici qualificanti venivano disattesi. Ed ancora oggi diciamo che gli elementi di insoddisfazione permangono.

Signor Segretario, qual’è dunque la strategia a medio e lungo termine del PRI? In altre parole, il PRI conta di finire la legislatura con l’attuale coalizione oppure con uno stravolgimento delle alleanze, e quindi con il coinvolgimento della DC?

     Francamente devo dire che noi repubblicani in questa fase non vogliamo mettere in discussione l’attuale assetto politico della Regione. Vogliamo invece richiedere una ridiscussione, un riapprofondimento e una riprecisazione dei contenuti programmatici, per vedere che cosa si puo fare da oggi a fine legislatura. Per quel che riguarda poi la DC, nessuno puo ignorare che - anche a livello regionale - è il Partito di maggioranza relativa; per questo sui grandi temi - come l’attuazione dell’art. 13, la revisione dello Statuto, gli aspetti istituzionali della vita regionale - noi diciamo che siamo disponibili a un confronto.

Il PRI ha fissato al prossimo 30 novembre la data per la discussione della Legge elettorale. Cosa ha da dire in proposito? E, quindi, cosa potrebbe succedere?

In verità, non abbiamo fissato al 30 novembre la data per la discussione della legge elettorale. Abbiamo semplicemente detto che vogliamo esaurire entro quella data la verifica generale, di natura programmatica e politica. E in questo i partiti sono d’accordo. E a giorni inizieremo questo confronto e questa verifica, incentrati sul contenuto programmatico, quasi per estrapolare un programma di fine legislatura. Tuttavia non è da escludere che tali iniziative possano comportare aspetti di natura più squisitamente politica. In sostanza, pur non stravolgendo il quadro politico, si potrebbero verificare un rimpasto nella Giunta e un avvicendamento alla stessa Presidenza della Giunta. Nulla si può escludere a priori, anche se questo rilancio programmatico non è finalizzato a questi obiettivi. C’è tuttavia in tale iniziativa la discussione della legge elettorale, che noi repubblicani vogliamo riportare ai binari precedenti, al rispetto assoluto cioè del sistema proporzionale. Lo Statuto della Sardegna infatti alI’art. 16 dice che il sistema elettorale nell’Isola è un sistema proporzionale, e una recente legge costituzionale - la n. 1 del maggio di quest’anno, che ha modificato l’art. 16 con riferimento al numero di consiglieri regionali e lo ha bloccato in 80, anziché uno ogni ventimila abitanti - ha riconfermato che il sistema elettorale in Sardegna è un sistema proporzionale.

Dov’è dunque l’ostacolo?

L’ostacolo e lo sbarramento elettorale introdotto alla fine della precedente legislatura. Si tratta quindi di eliminarlo o quanto meno di attenuarlo per consentire l’utilizzazione dei resti a livello regionale.

Se dunque lo sbarramento non verrà eliminato né attenuato voi repubblicani cosa farete?

Presenteremo la seguente proposta articolata in quattro punti:

1. Fissare il numero dei consiglieri regionali.

2. Votare solo la domenica.

3. Ridurre drasticamente il numero delle preferenze.

4. Stabilire il principio che un partito che realizza un certo quorum a livello regionale possa - anche se non ha un quoziente circoscrizionale - partecipare alla utilizzazione dei resti.

Se poi tale proposta cadrà, perché non avrà il consenso degli alleati della maggioranza e del governo, è ovvio che noi chiederemo i termini di regolamento e le forze politiche si dovranno pronunziare in Consiglio.

A suo avviso quali sono i partiti che si oppongono al ripristino della legge elettorale?

Dal punto di vista formale nessuno dice di essere contrario. Neppure la DC. Però nei fatti tutti vogliono apportare delle modifiche. C’è chi vuole un sistema misto e propone l’elezione di metà dei consiglieri con collegi uninominali e metà con lista; chi vuole liste regionali oltre alle liste circoscrizionali; e chi infine vuole stravolgere il sistema delle preferenze. Così i partiti riuscirebbero a prevalere sulla volontà degli elettori e alla fine risulterebbero eletti dei cittadini che gli elettori non hanno votato, ma che hanno indicato le segreterie dei partiti. Una cosa è certa: noi siamo disponibili a discutere la legge elettorale, ma non accetteremo mai nessuna norma e nessun principio che vada a intaccare la sovranità del corpo elettorale. La funzione dei partiti, noi diciamo, si esaurisce nella formazione delle liste, nella loro presentazione e nel sostegno propagandistico. Ma la scelta degli eletti deve essere compito del corpo elettorale.

Attualmente quali sono i rapporti PRI-PSd’Az?

Sono rapporti di grande correttezza e gran rispetto; tant’è che collaboriamo nella maggioranza e nella Giunta. Se ci sono stati dei dissidi, ciò è dovuto all’emergere nel PSd’Az, o almeno in alcune sue frange, delle opzioni dell’indipendentismo e de separatismo, che noi riteniamo inconciliabili con la visione unitaria dello Stato italiano. Essere profondamente autonomisti non significa essere antiunitari. D’altra parte l’art. 5 della Costituzione non solo non esclude ma accentua i valori dell’autonomia.

Quali sono dunque le pregiudiziali del PRI nei confronti del PSd’Az? e, viste le radici comuni e considerato che Carlo Cattaneo e il teorico delle autonomie e del federalismo, si può parlare di ”pacificazione” fra questi due partiti?

Ripeto: il fatto stesso che collaboriamo con PSd’Az in maggioranza e in Giunta è la dimostrazione che non abbiamo posizioni pregiudiziali di nessun genere. Anzi, dal dopoguerra, in tutta la storia recente, c’è stato un rapporto di collaborazione quasi permanente tra il PRI e il PSd’Az. E ci sono stati anche dei momenti elettorali in cui il PRI ha contribuito a eleggere nel Parlamento esponenti sardisti come Titino Melis. Quindi, non ci sono pregiudiziali. C’è invece da parte nostra un tentativo per riannodare con PSd’Az gli elementi che abbiamo in comune, elementi che nascono dal Risorgimento e portano all’esaltazione della autonomia. Perché se è vero che il PRI ha avuto Mazzini è anche vero - come Lei ha ricordato - che ha avuto Cattaneo. Inoltre ha parlato di ”pacificazione”. Ma perché vi sia ”pacificazione” occorre che prima vi sia stata guerra... Però è certo che se nell’attualità politica venissero poste nuovamente in modo cosi brutale le opzioni dell’indipendentismo e del separatismo, le nostre posizioni sarebbero inconciliabili.

Come giudica l’obiettivo del PSI  del polo laico da contrapporre alla  strapotere DC-PCI?

Noi repubblicani siamo contro il bipolarismo dannoso e non rispondente alla realtà politica, culturale e sociale del Paese. Il nostro infatti è un Paese che si presenta con una articolazione sociale e culturale molto diversificate. E il bipolarismo non rappresenterebbe mai l’intero Paese. Le cosiddette forze politiche intermedie esprimono in- fatti, anche se non in consensi elettorali, tutta una cultura - anche di governo - che se mancasse sarebbe un grave danno per tutta la collettività. E tutt’al più avrebbe senso se ci fosse una divisione di classe schematica: in cui uno sta da una parte e uno dall’altra. Ma questo schema nel Paese è saltato. Tant’è che nemmeno il PCI ne parla in modo rigido come una volta. La società oggi è molto articolata, e quindi le forme di rappresentanza debbono essere assicurate a tutte le articolazioni.

Da questo però a pensare che si debba creare un polo cosiddetto laico e socialista ce ne passa. Intanto è lo stesso termine ”polo” che non è appropriato. Noi repubblicani infatti preferiamo parlare di ”convergenza delle forze dell’area laica e socialista”, perché il termine ”polo” presuppone una guida sulle forze che ruotano attorno allo stesso polo. E, non è il caso! Bisogna che da tutte le parti si comprenda che la società italiana ha quattro forze fondamentali: le cattoliche, le comuniste, le socialiste e le laiche; le quali si esprimono nei campi della cultura, della politica, dell’economia e della socialità. Delle quali noi ci consideriamo una componente, quella componente laica che deve trovare la ”convergenza” con le forze dell’area socialista.

Ma in sostanza questa ”convergenza” questa aggregazione di forze può essere realizzata?

Dal canto nostro possiamo dire che queste aggregazioni, dove l’aspetto organizzativo prevale sull’aspetto politico, ci lascino sempre perplessi. Bisogna dunque intendersi sulle cose da fare, perché il resto verrà come conseguenza. D’altra parte quelle che contano sono le idee. Se c’è l’intesa le piattaforme poi si possono costruire, le forme si trovano.

Gianfranco Pinna